Giuliano Spina nato a Catania il 18/03/1989 laureato in Lettere moderne

martedì 18 ottobre 2016

Il limone di Siracusa


Il limone di Siracusa IGP è il frutto appartenente alla cultivar femminello siracusano ed ai suoi cloni, riferibili alla specie botanica Citrus limon. Il femminello siracusano è la cultivar più rappresentativa e produce tre fioritura: il primofiore (da ottobre a marzo), il bianchetto (da aprile a giugno) ed il verdello (da luglio a settembre). La pianta del limone ha origini in Birmania, dove si trova alla stato selvativo: da qui ha attraversato il Medio Oriente, la Mesopotamia , la Palestina, fino al Mediterraneo, dove ha trovato le condizioni ideali per il suo sviluppo. L'habitat naturale del limone risiede nella fascia compresa tra 48° parallelo a nord ed il 40° parallelo a sud: questa fascia include la California, l'Uruguay, l'Argentina, il Sudafrica e il bacino del Mediterraneo, in particolare l'Italia, la Spagna, la Grecia e la Turchia. Nel '500 e nel '600, durante il regime baronale monopolistico delle coltivazioni di agrumi, l'utilizzo dei limoni continuò a restare limitato nelle preparazione dei cibi di lusso. Iiniziò ad essere coltivato in maniera intensiva nel siracusano a partire dal XVII sec., grazie all'opera dei Padri Gesuiti, esperti coltivatori.A quel punto il limone divenne una delle principali fonti di sostentamento del territorio, raggiungendo nel 1891 una produzione di circa 11600 tonnellate. Il successo di questa coltivazione provocò la nascita, in Sicilia, di diverse aziende agrumarie, che estraevano l'agro-cotto, il citrato di calcio e l'acido citrico del succo. Negli stessi anni il limone di Siracusa conobbe una notevole fortuna sui mercati esteri, soprattutto nel Stati Uniti ed in Inghilterra. I dati riguardanti i movimenti del porto di Siracusa dei primo del '900 italiano indicano, come principali destinazioni estere di limoni, arance amare e dolci, agro di limone concentrato e citrato di calcio, i porti di Trieste, Londra, Fiume, Liverpool, Glasgow, Manchester, Malta ed Odessa. A dispetto dei fenomeni di urbanizzazione ed industrializzazione avvenuti a partire dal secondo dopoguerra, la coltura del limone è stata sempre valorizzata nel territorio aretuseo, e rappresenta una realtà economica molto importante. Siracusa è un punto di riferimento per il periodo fresco sia sul mercato italiano che su quelle europei ed il 3 febbraio 2011 il limone di Siracusa è stato iscritto nel registro delle Indicazioni Geografiche Protette IGP.
Il limone di Siracusa IGP è caratterizzato da un elevato contenuto in succo e dalla ricchezza di ghiandole oleifere nella buccia, oltre che per l'alta qualità degli oli essenziali. La varietà siracusana di limone è denominata femminello per via della notevole fertilità della pianta, rifiorente tutto l'anno: il primofiore natura da ottobre a marzo, ha forma ellittica, buccia e polpa di colore variabile da verde chiaro al giallo-citrino, e succo giallo-citrino; il bianchetto matura da aprile a giugno, si presenta ellittico-ovoidale, con buccia giallo chiaro, polpa gialle e succo giallo-citrino; il verdello matura tra luglio e settembre, ha forma ellittico-sferoidale e il colore della buccia verde chiaro, mentre il succo e la polpa sono giallo-citrino. Il sesto d'impianto dove avere una densità massima di 400-500 piante per ettaro e di 850 unità nel caso di sesti dinamici. Gli impianti possono essere condotti con metodo convenzionale, integrato oppure biologico. Tutte le operazioni colturali vanno eseguite in modo tale che si mantengano il giusto equilibrio e lo sviluppo della pianta, che deve sempre essere soggetta ad una corretta aerazione al sole. La raccolta dei frutti è manuale ed è effettuata direttamente dalla pianta, con l'ausilio dei forbicine per il taglio del peduncolo. Grazie alle sue caratteristiche qualitative, il limone di Siracusa è utilizzato anche in ambiti diversi dalla commercializzazione del frutto fresco. Viene utilizzato, per esempio, nel settore alimentare, in quello medico- scientifico, in quello cosmetico ed in quello profumiero, nei quali avviene l'approvigionamento di succhi ed oli essenziali attraverso le aziende di trasformazione.
L'attuale bacino di consumo del limone di Siracusa è prevalentemente rappresentato dal mercato italiano della Grande distribuzione organizzata, mentre l'ezport intra UE è diretto ai mercati di Germania, Austria, Francia, Regno Unito e Danimarca. Il principale mercato extra UE è la Norvegia. Il prodotto è immerso in commercio come Limone di Siracusa IGP: può essere commercializzato sfuso oppure confezionato in idonei contenitori di cartone, legno, plastica oppure in reti e borse con banda plastica attaccata alla rete. Le categorie commerciali sono esclusivamente la Extra e la Prima.
Il succo e la buccia del limone sono riconosciuti come pregiati e richiesti da aziende leader nel settore alimentare. Gli oli essenziali sono molto richiesti nel mondo della cosmesi e delle più importanti case profumiere del mondo. In campo medico, il limone di Siracusa è protagonista di uno studio clinico che dimostra l'efficacia del suo succo nella prevenzione dei calcoli renali nei soggetto predisposti alla forme recidivanti. Il citrato di potassio è l'unico farmaco in grado di ridurre la formazione di calcoli renali, impedendo la precipitazione dei cristalli di ossalato di calcio, responsabili della formazione dei calcoli. Ma questo farmaco crea disturbi al paziente e lo porta spesso ad abbandonare la cura. Il succo di tre o quattro limoni può fornire una quantità giornaliera di citrato paragonabile a quelle che si ottiene con la somministrazione del farmaco, col vantaggio di evitare gli effetti indesiderati di quest'ultimo. La città di Siracusa celebra ogni anno, il 13 dicembre la festività patronale di S.Lucia con una lunga processione da piazza Duomo in Ortigia alla chiesa di S.Lucia al Sepolcro. Otto giorni dopo, il 20 dicembre, la processione compie il percorso inverso. Il 13 i grossi ceri agli angoli della statua vengono ricoperti da trionfi di fiori, mentre il 20 il simulacro d'argento viene affiancato da ceri adornati da limoni ed arance. Il dono delle primizie alla Santa siracusana, oltre al valore estetico, aveva un suo significato, in quanto rappresentava il percorso della processione dalla campagna verso la città, quando l'area di piazza S.Lucia alla Borgata rappresentava il confine a nord dell'urbanizzazione, e all'isola di Ortigia era data la definizione di città. Il limone di Siracusa occupa il 42 %, 3500 ettari, della totale superficie italiana coltivata a limoni, 12464 ettari, 150000 tonnellate di prodotto e 398000 giornata lavorative annue. La zona di produzione comprende ben 10 comuni della provincia di Siracusa, ovvero Augusta, Avola, Melilli, Noto, Siracusa, Floridia, Priolo Gargallo, Rosolini e Sortino.
Il consorzio di Tutela del Limone di Siracusa IGP, attualmente presieduto da Fabio Moschella. è stato istituito il 13 luglio 2000, non ha scopi di lucro e non esercita attività commerciali. I suoi compiti principali sono quelli di individuare le zone di produzione e le varietà da sottoporre a tutela, svolgere attività di vigilanza nella zona di origine e sui mercati per la corretta denominazione IGP, realizzare iniziative e campagne promozionali in Italia e all'estero finalizzate alla diffusione della conoscenza del prodotto e del suo marchio IGP.












lunedì 3 ottobre 2016

L'antica polis siceliota di Eloro e la villa romana del Tellaro



Eloro, detta Eloros in greco ed Elorus in latino, è stata un'antica polis siceliota. Il suo centro oggi è un sito archeologico situato su una collina, a circa 20 metri sul livello del mare, dirimpetto al mar Ionio, a circa 8 chilometri a sud-est di Noto, nell'odierna provincia di Siracusa, poco a nord della foce del fiume Tellaro, allora chiamato Eloro come la città. Di questa particolare polis sappiamo poco fino al periodo romano. Quando fu scoperta, alla fine dell'VIII sec. a. C., si arrivò alla conclusione che essa fu la prima subcolonia di Siracusa. Essa fu posta nel punto in cui, anni dopo, fu costruita la via Elorina, menzionata più volte da Tucidide, la quale metteva in collegamento Eloro con il capoluogo aretuseo. Il documento più antico che menziona Eloro è di Pindaro in Nemee, IX, 40. Secondo Erodoto, nell'alto corso del fiume, Ippocrate, tiranno di Gela, sconfisse in battaglia nel 493 a. C. le forze siracusane. Non lontano da li i Siracusani sconfissero gli Ateniesi nella battaglia dell'Assinaro del 413 a. C. Nel 263 a. C., come ricorda Diodoro Siculo, insieme ad Akrai, Leontinoi, Megara Iblea, Netum e Tauromenium, Eloro fece parte dei possessi riconosciuti da Romani, impegnati nella Prima guerra punica, a Gerone II di Siracusa. Nel 214 a. C., come attestato da Tito Livio, Eloro, che era passata ai Cartaginesi, si consegnò a Claudio Marcello. Dalle Verrine di Cicerone ricaviamo che Gaio Verre privò totalmente la città delle sue opere d'arte e che sulla costa presso Eloro si svolse una battaglia navale che permise ai pirati di distruggere la flotta provinciale (71 a. C.). La città rimase fiorente anche in epoca bizantina per poi venire quasi del tutto distrutta con l'arrivo degli Arabi. Le mura urbane, datate da Paolo Orsi al V sec. a. C. ed in seguito attribuite al VI sec. a. C. nella loro fase originaria, furono ricostruite sopra i resti di quelle più antiche, forse nella seconda metà del IV sec. a. C. A sud-est una torre medievale detta Torre Stampace venne costruita nel 1353 da Blasco Alagona, agli ordini di Pietro d'Aragona, per la difesa della costa: la torre poggia sui resti di una fortezza, citata da Plinio il Vecchio. Il santuario più importante si trovava all'esterno delle mura, era dedicato a Demetra e Kore e riprende un più antico culto indigeno siculo. Si trovava all'esterno delle mura ed era costituito da diversi ambienti. Il primo impianto risale al VI sec. a. C., ma venne utilizzato fino al III sec. a. C, come testimoniano gli ex voto conservati nel Museo archeologico di Noto. In seguito il santuario venne trasferito all'interno della città come piccolo tempio in antis e circondato da un porticato, detto stoà, a tre bracci, dorico in facciata e a due navate. Il porticato era connesso anche con l'agorà, di sui restano visibili solo le cisterne scavate nella roccia per raccogliere l'acqua piovana. Dalla piazza una via si dirigeva verso il mare a sud-est: insieme ad un'altra via in senso nord-sud definiva gli assi della struttura urbanistica della città. Un santuario dedicato al dio Asclepio, del IV sec. a. C., era costituito da un cortile circondato da portici, dove gli ammalati sostavano e dormivano in attesa della visita in sogno del dio, che avrebbe portato alla guarigione. Nei pressi sorgeva un piccolo thesauròs, ossia un edificio a forma di piccolo tempio in antis, destinato ad ospitare le offerte votive e datato alla seconda metà del IV sec. Verso sud, sulle pendici della collina, si trova un teatro greco, in parte scavato nella roccia ed in parte costruito, risalente alla fine del IV sec.-inizi III sec. a. C., in parte intaccato da un canale di bonifica realizzato negli anni '30. A nord-ovest si trovava la Colonna Pizzuta, un monumento funerario, costituito da una colossale colonna in rocchi di pietra calcarea, con un diametro di 3,80 metri ed un'altezza ricostruibile in circa 10 metri. Nei rpessi si trova un ipogeo scavato nella roccia, databile alla seconda metà del III sec. a. C., già visto negli scavi di Orsi del 1899 ed in seguito reinterrato. Le quattro necropoli, distinte dagli studiosi con le prime quattro lettere dell'alfabeto, erano situate sul terrazzo roccioso a nord dell'abitato.Il sito confina con la Riserva naturale di Vendicari, dove è possibile vedere tracce dell'antica via Elorina proveniente da Siracusa.


Vicino ai resti di questa polis si trova la Villa romana del Tellaro, riscoperta nel 1971 su una bassa elevazione presso il fiume e sotto una masseria sette-ottocentesca. Il corpo centrale della villa si articola intorno ad un grande peristilio. Il tratto del portico sul lato settentrionale presentava una pavimentazione a mosaico con festoni d'alloro che formano cerchi ed ottagoni con i lati inflessi includenti motivi geometrici e floreali e su di esso si affacciano altri due ambienti che conservano i mosaici figurati. Nel primo di questi ambienti il mosaico, molto danneggiato, conserva un pannello con la scena del riscatto del corpo di Ettore. Qui Ulisse, Achille e Diomede, identificati con iscrizioni in greco, son impegnati nella pesatura del cadavere dell'eroe. La figura di Priamo è perduta, il corpo di Ettore, frammentario, si trovava su un piatto della bilancia e l'oro del riscatto era nell'altro piatto. Quest'episodio, non ricordato nell'Iliade di Omero, deriva da una tragedia di Eschilo. Il pavimento musivo del secondo ambiente presenta una scena di caccia, con un banchetto all'aria aperta tra gli alberi ed una figura femminile interpretata come personificazione dell'Africa. I mosaici sono opera di maestranze africane e vennero realizzati dopo la metà del IV sec. a. C. Il 15 marzo del 2008, dopo 30 anni dagli scavi e dopo lavori di ristrutturazione, la villa è stata inaugurata e resa fruibile al pubblico. Alle spalle di essa si trovano i vigneti nei quali si coltivano le uve che danno vita ad alcuni dei vini più conosciuti dell'isola, ovvero il Nero d'Avola, il Moscato e l'Albanella.










sabato 1 ottobre 2016

Il fiume Dirillo ed il suo suggestivo invaso artificiale


Il fiume Dirillo, o Acate, è un fiume, sito in Sicilia, che nasce dalla confluenza dei torrenti Vizzini ed Amerillo tra i due rilievi Monte Casasia a sud e Poggio Vascello a nord ed attraversa i comuni di Licodia Eubea e Mazzarrone, in provincia di Catania, fino a giungere in mare dalle terre del Ragusano per una lunghezza complessiva di circa 40 chilometri. Nel territorio comprese tra i comuni di Licodia Eubea, Vizzini, in provincia di Catania, e Monterosso Almo, in provincia di Ragusa, nel 1961 fu formato uno sbarramento attraverso la costruzione della diga Ragoleto ed ebbe origine così un invaso artificiale chiamato Lago di Dirllo. Esso è raggiungibile tramite la Strada Statale 194 Catania-Ragusa nello svincolo per Licodia Eubea o in contrada Torretta all'interno del comune di Vizzini. Il bacino, attualmente della capacità di 20 milioni di metri cubi, è attrezzato come zona turistica la quale consente, oltre alla pesca sportiva, l'attività di canottaggio, e si trova in paesaggio ricco di verde che da, a primo impatto, l'impressione di non trovarsi al centro della Sicilia. Le specie ittiche lacustri presenti al suo interno sono il luccio, la trota, la carpa ed il pesce persico. Tempo addietro fu pescato, sulla riva vizzinese del lago, un luccio di 7 chilogrammi, e per fare ciò servì all'incirca un quarto d'ora. Prima dello sbarramento che formò l'invaso lungo il fiume si trovavano anche le tinche e le anguille le quali adesso sono molto più rare.