Giuliano Spina nato a Catania il 18/03/1989 laureato in Lettere moderne

domenica 28 agosto 2016

Presentazione della Vinimilo 2016





Sabato 27 agosto 2016, con inizio alle ore 17,50, ha avuto luogo all'Azienda Barone di Villagrande di Milo la conferenza di presentazione della 36°edizione della rassegna enogastronomica Vinimilo, anche quest'anno realizzata con la partecipazione di diverse associazioni come SlowFood, Fisar, I Vigneri, Città del Vino, Le Strade del Vino dell'Etna e Simenza, solo per citarne alcune.



La conferenza ha avuto inizio con un'introduzione da parte del sindaco di Milo Alfio Cosentino, il quale ha fatto un ringraziamento in primis all'azienda e poi all'onorevole Giuffrida e agli assessori Cracolici e Barbagallo, sottolineando anche l'importanza della partecipazione delle associazioni e dei finanziamenti della Comunità Europea. Subito dopo è toccato al moderatore Pippo Privitera, enologo di notevole fama, il quale ha parlato soprattutto del carattere di transizione di questa 36°edizione della manifestazione, in quanto essa deve abbracciare tutti i campi dell'agricoltura per mettere in primo piano soprattutto l'importanza della biodiversità. In futuro essa potrebbe quindi avere una cadenza non più annuale, ma trimestrale, con l'organizzazione ad esempio di una Granimilo o di una Oliomilo, prodotte sempre sotto l'egida della Vinimilo. Ad ulteriore conferma di ciò il moderatore ha anche puntualizzato che i Greci consideravano civile chi coltivava oltre l'uva per il vino, anche il grano e le olive. Il primo ad intervenire tra tutti gli organizzatori è stato il titolare dell'azienda Marco Nicolosi, il quale ha parlato della grande possibilità di creare ricchezza ed occupazione sfruttando nel migliore dei modi ogni singolo prodotto agricolo, e di come a ciò concorre anche la biodiversità, con la cura dei terreni per salvaguardare ogni specie. Queste ultime parole sono state confermate da  Pippo Privitera, il quale ha espresso il concetto della clonazione in ambito agricolo e biologico,  e successivamente la parola è passata a Giovanni Raciti, presidente della Pro Loco di Milo, il quale ha parlato dei 36 anni di vita della manifestazione, dell'iniziativa che ebbe la Pro Loco nella sua nascita e dell'importanza di Milo all'interno della Città Metropolitana di Catania grazie soprattutto al vino.   

Alle ore 18,10 è toccato a Valeria Carastro, direttore delle Strade del vino dell'Etna, che ha in primis illustrato il proprio lavoro di tecnico agronomo iniziato proprio in un'enoteca. Successivamente ha esteso la sua trattazione parlando della presenza all'interno della manifestazione di un banco d'assaggio gestito da sommelier e di piccoli banchetti gestiti da diversi produttori di vino. In seguito ha parlato del Treno dei vini dell'Etna, nato nello scorso mese di aprile con l'obiettivo di far capire, soprattutto alle persone del territorio, l'importanza di esso nei minimi particolari, e dell'Enoteca della strada del vino, aperta nel comune di Ragalna, situato alle pendici occidentali del vulcano, da un mese, e ha concluso dicendo che il prossimo obiettivo sarà coprire il territorio compreso tra Piedimonte Etneo e Ragalna.


Alle ore 18,20 la parola è stata data all'enologo Salvo Foti, il quale ha esordito parlando della Etna 10 anni fa, spazio presente all'interno della manifestazione dedicato ai vini che hanno almeno 10 anni di produzione e di presenza all'interno della rassegna, per far capire anche come essi sono cambiati nel tempo. I vini a cui durante questo spazio sarà dedicata un'ampia trattazione saranno il Bianco dell'Etna ed il Carricante, in programma sabato 10 settembre. Ha concluso parlando del concetto di verticalità dell'Etna, fondamentale per l'armonia dei prodotti con il livello di altitudine del luogo, e con un omaggio ad uno fondatori della manifestazione, Giovanni Casella.





Dopo un breve intermezzo del sindaco, è toccato a Vittorio Cardaci della Fisar, Federazione Italiana Albergatori Ristoratori, che ha parlato dell'altro fondatore della manifestazione, il cuoco Nino Statella, e dell'importanza della cucina di casa, con un ampio spazio dedicato ai pomodori secchi ed ai sauri il prossimo sabato 3 settembre. Successivamente è toccato al sommelier Orazio Di Maria che ha parlato dell'importanza e della fama del vitigno Nero d'Avola al quale sarà dedicato un ampio spazio nell'ambito della rassegna sabato 10 settembre.




Alle ore 18,35 è toccato al'imprenditore gastronomico Rosario Romeo, il quale ha parlato dei ricordi che egli custodisce di Milo e del Circolo Enofili, nato ad opera di Mario Grimaldi con l'intento di diffondere la cultura del vino nel territorio. Subito dopo è toccato a Gregorio Calì che ha ricordato una convenzione che l'Onav Catania attuò nel 1994 con la Facoltà d'Agraria dell'Università del capoluogo etneo per l'attivazione di corsi di enologia all'interno del curriculum universitario degli studenti. Ha anche parlato di un confronto che sarà fatto durante la rassegna tra il vino Etna Doc ed il vino del Monte Cucco, vicino Grosseto.






Alle ore 18,45 è arrivato il momento di Slow Food, rappresentato in questo caso da Roberta Capizzi, giovane leva dell'associazione, che ha menzionato il Presidio delle Mele dell'Etna, associazione nata con la collaborazione del Parco dell'Etna, la quale ha porta di recente all'identificazione di 19 diversi tipi di mele, buona parte delle quali ormai estinte. In seguito ha illustrato i tre laboratori che si terranno nel corso della rassegna, ovvero Dire, fare e gustare, dedicato ai bambini con giochi d'analisi sensoriale, Laboratorio del gusto- Gemelli diversi: Fellata di suino Nero dei Nebrodi & Etna Rosso/ Salame delle valli tortonesi & Barolo e Laboratori del gusto- Pane e vino, questi ultimi sotto forma di lezioni partecipate in cui all'approccio viene affiancata la degustazione guidata di un docente. Subito dopo è toccato a Giuseppe Li Rosi dell'associazione Simenza il quale ha ripreso il concetto di biodiversità collegato a quello di germogliazione, puntualizzando che in Sicilia i diversi tipi di grano sono in tutto 50, di cui 5 teneri e 45 duri. Ha poi proseguito parlando di come in un campo di grano diverse spighe stanno riunite, ed in seguito ha illustrato i concetti di biodiversità animale e di biodiversità umana, sottolineando come l'isola abbia accolto ben 16 civiltà diverse durante la sua ricchissima storia, ognuno delle quali, una volta arrivata, si è sin da subito sentita siciliana. L'esterofilia nell'accogliere lo straniero diventa così motivo di arricchimento. Li Rosi, sempre con la mediazione del moderatore, ha poi ceduto la parola ad Antonio Raciti de la Casa del poeta, il quale ha parlato dell'appuntamento del 9 settembre in cui si coniugheranno il Vino Bianco Etna Superiore ed il pesce cotto.  




L'ultima parte della conferenza ha visto l'intervento della giornalista e parlamentare europea Michela Giuffrida. Essa ha fatto un lungo discorso riguardante la sua carica all'interno della Commissione Agricoltura per la Comunità Europea, ma soprattutto dei finanziamenti da parte di essa i quali, a partire dal prossimo anno, saranno ridotti in quanto destinati a situazioni di emergenza. Ha poi proseguito affermando che la sua presenza all'interno della terra natia è importante sia per raccogliere gli input degli imprenditori locali che per presentare i disegni di legge della Comunità Europea. Ha puntualizzato anche che il radicamento nel territorio della manifestazione deve portare ad una sempre maggiore conoscenza del vino Etna doc e che l'unicità dei prodotti deve farsi valere superando i confini regionali e nazionali.




Infine sono arrivati i saluti da parte del sindaco, di Pippo Privitera e di Marco Nicolosi, il quale ha promosso l'assaggio del vino rosato all'interno della rassegna, e di seguito l'evento è proseguito con una degustazione del vino abbinato a prodotti tipici locali, come la scacciata, le fettine di pepato, gli arancinetti, i pomodori secchi e le olive. Durante questa degustazione si sono scambiate quattro chiacchiere con Vittorio Cardaci della Fisar e con il sindaco Alfio Cosentino. Il primo ha raccontato la propria associazione è parte attiva della rassegna da quando essa era una semplice fiera in cui si mangiava il pane con la salsiccia e veniva promossa la vendita imbottigliata e locale del Vino di Portopalo. Il secondo ha espresso le proprie sensazioni positive alla vigilia della rassegna ed ha sottolineato l'importanza della vicinanza delle associazioni nell'ambito dell'organizzazione.











venerdì 19 agosto 2016

I borghi marinari della Timpa di Acireale

Lungo il litorale della costa orientale sicula, subito dopo la Riviera dei Ciclopi, si trova una riserva naturale orientata detta Timpa in quanto è un promontorio di circa 80 metri di altezza. Essa è percorsa dalla Strada Statale Orientale Sicula 114 e all'interno di essa sono presenti dei borghi marinari, unici per la loro bellezza paesaggistica.



Il primo di essi è Capo Mulini. Esso, lungo la strada statale, segna l'inizio del comune di Acireale, dal cui centro dista circa 5 chilometri, ed il suo molo segna il limite settentrionale del Golfo di Catania. Come abbiamo già visto nel pezzo precedente, il sito dove sorge questo splendido borgo marinaro, secondo la maggior parte degli storici, è quello in cui doveva sorgere la città di Xiphonia e qui sono stati anche ritrovati reperti d'età romana. L'evento più particolare che ha segnato la storia di Capo Mulini è stato il progetto di costruzione, nel 1800, di un grande porto commerciale che però non fu mai realizzato, in quanto si preferì far crescere e sviluppare quello di Catania. Questo fatto ha portato a livelli notevoli la rivalità campanilistica tra Catania ed Acireale. Attualmente esso è popolato da trattorie e ristoranti con menù a base di pesce come la tradizione marinara insegna.




I luoghi d'interesse storico e culturale sono due. Il primo è la Torre S.Anna, oggi divenuta un faro,che fu costruita tra il 1582 ed il 1602, vecchia dimora di un corpo di guardia che controllava l'avvicinamento di navi corsare. Il secondo è la chiesa dedicata a S.Maria della Purità risalente al XVI sec. e rifabbricata nel 1796. Fino al secolo scorso erano presenti delle concerie, ma adesso sono state del tutto abbandonate e adesso l'economia della zona è basata tutta sulla pesca, la ristorazione ed il turismo, come testimonia la presenza di ben cinque alberghi.


Proseguendo sul lato nord del borgo si imbocca una strada provinciale piena di villini a mare e che attraversa un bosco, e si giunge in un altro borgo marinaro molto piccolo, S.Caterina. Esso conta una popolazione di poco più di 300 abitanti, si sviluppa in posizione panoramica a picco sul mare ed è noto per le sue strade strettissime. La sua nascita si aggira intorno al XVII sec. e la chiesa dedicata a S.Caterina d'Alessandria d'Egitto risale al XVIII sec. Il borgo è noto soprattutto per la piazzetta affacciata sul mar Ionio e per le terme costruite negli anni '80 del '900. Al suo interno si trovano anche due ristoranti ed un hotel omonimo, ed è raggiungibile anche dalla Strada Statale. Ritornando in quest'ultima e scendendo dopo il semaforo posto sulla terrazza panoramica si incontrano un paio di curve e si giunge a S.Maria la Scala.




Esso è forse il più suggestivo dei borghi marinari presenti sotto la Timpa, a 3 chilometri dal centro di Acireale ed è collegato ad esso, oltre che dalla già citata strada provinciale, da un'altra strada, non carrozzabile, costruita nel XVI sec. detta Delle Chiazzette che si inerpica sulla Timpa e rappresenta un percorso naturalistico con la Riserva naturale orientata. Il suo punto di partenza è costituito dalla Fortezza del Tocco, un bastione messo a difesa dell'ingresso da mare della città.  Gli abitanti sono conosciuti con il nome di scaloti e l'abitato si concentra tutto attorno al porticciolo detto Scalo Grande e si allunga sul lungomare verso sud dove sono presenti costruzioni per la villeggiatura del XIX sec. della borghesia acese. Sul lato sud è presente un mulino ad acqua, detto di Miuccio, documentato a partire dal XVI sec. alimentato dalla sorgente di Testa dell'acqua  che sgorga a pochi metri dal mare dalle viscere della Timpa di notevole rilevanza naturalistica. A nord dell'abitato, accessibile via mare, si trova la Grotta delle palombe, complesso di basalti colonnari frantumato dalle mareggiate. Nel 1972 è sprofondato in mare il pugno che si ergeva nella specchio di mare chiuso a sud dalla Pietra delle sarpe. Secondo la leggenda popolare esso era il rifugio amoroso di Aci e Galatea. La chiesa parrocchiale è del XVII sec. L'economia è basata principalmente sulla pesca con il porticciolo protetto da un molo accessibile a medio-piccole imbarcazioni. Negli ultimi anni essa ha perso un pò di terreno in quanto la flotta di pescherecci si è in parte spostata ad Acitrezza. Per contro sono cresciute le attività ricettive e di ristorazione. Nei mesi estivi esso è meta di bagnanti con una spiaggetta di grossi ciottoli di pietra lavica levigati dal moto ondoso e altre punteggiate di scogli e massi lavici. Numerose infine sono le manifestazioni che rendono il borgo meta di turismo locale.
     
Sempre continuando il nostro percorso lungo la strada provinciale si incontra S.Tecla, oggi diventato principalmente centro balneare e residenziale. Le prime notizie storiche riguardanti questo borgo risalgono al XIII sec. e così la sua nascita è di un secolo precedente a quella di Acireale. Nel XVI sec.venne costruita una garitta di guardia detta dello Scalo Pennisi a causa di scorrerie di corsari turchi, ma ciò fu inutile in quanto il 3 maggio 1582 il pirata Luccialì sbarcò li al comando di 300 pirati e 7 galee e sbancò il borgo, il quale è stato colpito anche da diverse frane, dal terremoto di Acireale e da quello S.Venerina del 2002. A conferma di ciò la presenza di faglie attive. Anche qui è presente una vasta cultura del pesce con la rassegna Un mare di bontà che si svolge ogni anno nel mese di agosto.


Il percorso litoraneo di questa lunga strada provinciale continua con Stazzo, borgo marinaro attestato storicamente dal XIX sec. Il toponimo deriva dal latino statio che si riferisce al luogo in cui riposavano le navi. Nel dialetto siciliano stazzuni indica il forno dove si cuociono i mattoni (fornace) ed un'indicazione in tal senso è la presenza all'interno del borgo di questi forni ormai in disuso. A partire dal XVI sec. la zona già chiamata Cala dello Stazzo era già popolata da case e da un'osteria, aneddoto portato da alcuni scrittori che, su commissione del reame di Spagna, avvistarono la costa per verficare i punti deboli alle incursioni saracene. La chiesa parrocchiale di S. Giovanni Nepomuceno in piazza Mantova eretta nel 1902 ed elevata a parrocchia vent'anni dopo è dedicata al santo patrono del borgo. Nel lato sud della piazza sorgeva la chiesa precedente abbattuta negli anni '50 del '900. Il culto di S.Giovanni Nepomuceno è stato introdotto dai religiosi di Acireale che frequentavano la chiesa di via Galatea in estate. La leggenda popolare narra che il simulacro di S.Giovanni fosse stato portato su una barca di pescatori i quali avevano giurato di donare la sacra icona alla comunità del primo luogo di approdo in cui sarebbero giunti. La costa del borgo è formata da nere scogliere rocciose, intervallate da calette, di cui la principale è la Cala dello Stazzo. Le altre calette, per la loro vicinanza tra di essere, hanno dato il nome alla contrada Cale che separa Stazzo dal successivo borgo di Pozzillo. Il porto, in dialetto chiamato u scalu, è sito nella spiaggetta lavica dirimpetto alla chiesa, è protetto in parte da scogliere naturali ed in parte dal prolungamento artificiale innestato su queste scogliere, ed è stato costruito alla fine degli anni '80. Ha anche esteso il braccio del porto in direzione sud e ampliato il bacino portuale preesistente. Sul porto è collocata una stele alta 20 metri, dedicata alla Madonna del Buon Riposo che ospita anche una lapide per i caduti delle due guerre nativi del borgo. Un altro porticciolo, utilizzato per lo più dai pescatori, si chiama Unna per la sua forma a bacino ed è anch'esso protetto dal mare. Entrambi porti offrono una buona protezione contro i venti provenienti dal nord sia di mare che di terra. L'economia si basa sulla pesca, sul turismo, sulla ristorazione e sulla presenza di numerosi stabilimenti balneari.


Infine, nella parte estremamente settentrionale del comune di Acireale, si trova Pozzillo. Esso è circondato da giardini coltivati ad agrumi coltivati ad agrumi ed il toponimo deriva dal siciliano puzziddu che significa piccola punta o piccolo capo sul mare. Questo borgo è nato attorno ad una chiesa risalente con ogni probabilità al '500 che sorgeva proprio sul puziddu, ma essa è stata demolita per far posto alla speculazione edilizia anni'70. L'attuale chiesa di S.Margherita è nata nel XIX sec. al centro del paese, mentre la parte nuova a 1 chilometro di distanza si chiama Pozzillo Superiore. Al suo interno vi è una sorgente d'acqua minerale alcalina, classificata come solfato-magnesiaca, prelevata da tre artificiali e commercializzata sin dal 1926. La società Acquapozzillo, cessata dopo il 2000, fornì il re Ferdinando I di Bulgaria, soggiornante in Sicilia. Il borgo ha anch'esso, come tutti gli altri del resto, una certa vocazione alla pesca, come testimoniano le sagre del polpo e del pesce spada, aventi luogo rispettivamente il penultimo e l'ultimo weekend di luglio. Ma la particolarità gastronomica maggiore sono le Olive Verdi schiacciate conservate in salamoia, da mangiare per tornagusto, come companatico, come ingrediente per antipasti o secondi piatti di pesce. In questo borgo sono stati girati due film, Un bellissimo novembre di Mauro Bolognini ispirato all'omonimo romanzo di Ercole Patti, con la location della Timpa e dell'antica chiesa, e La prima notte del Dott. Danieli, industriale, col complesso del....giocattolo con la vista della baia Fontanelle.




 










mercoledì 17 agosto 2016

La misteriosa città greca di Xiphonia



Xiphonia fu una misteriosa città greca oggi del tutto scomparsa che, si ipotizza, fosse situata nel territorio compreso tra Acicastello, Acicatena e Acireale. Il suo mito fu tramandato dai poeti Teocrito, Virgilio ed Ovidio i quali ambientarono proprio li la storia d'amore tra la ninfa Galatea ed il pastorello Aci ucciso per gelosia dal ciclope Polifemo. Aci fu così trasformato da Giove pietoso in un fiume per farlo ricongiungere definitivamente con l'amata ninfa. Le ipotesi più diffuse sulla sua fondazione sono due. La prima è stata fatta da parte dello storico Diodoro Siculo, secondo il quale essa fu fondata dai Greci nel VII sec. a. C. con il suo nome derivante da quello del promontorio e Aci dal nome del fiume. La seconda invece è stata fatta da Salvatore Raccuglia secondo cui la città fu fondata dai Fenici intorno al 1000 a. C., fu occupata dai Greci nel 700 a. C e sopravvisse fino al periodo dei Romani, quando fu rinominata Aci. I due poli più importanti che componevano essa furono l'attuale borgo marinaro di Capo Mulini, dove si trovava l'acroterion, e la zona compresa tra le contrade di S.Venera al Pozzo e della Reitana. Nel 475 a. C. la zona fu ripopolata da diecimila siracusani e questo causò tensioni ed attriti con i precedenti abitanti che culminarono in uno scontro sotto Ducezio, il quale costrinse i coloni alla fuga. Una volta conquistata dia Romani intorno al II sec. a. C. fu chiamata Akis e con questo nome venne citata da Teocrito e da Eschilo. Durante la seconda guerra punica essa assunse un ruolo rilevante per importanza politica ed economica. Sillo Italico nel suo De bello Punico narrò di una città presso il fiume Aci alleata dei Romani e famose furono le sue terme alimentate da acque sulfuree provenienti dal vulcano Etna. La rocca sulla quale si erge il castello di Aci fu frequentata nel periodo della colonizzazione greca e della dominazione romana per sua posizione strategica. Nel 99 a. C. durante le guerre servili il Manlio Aquilino sconfisse l'esercito comandato da Antenione che fu ucciso nella vicinanze della Reitana. A ricordo di quest'impresa la contrada prese il nome di Aquilia. Alcuni scrittori antiche ci hanno lasciato il ricordo di famose battaglie navali combattute nelle acque antistanti il borgo marinaro di Capo Mulini. Tra queste battaglie Diodoro Siculo ricordò quella tra Imilcone cartaginese e Leptine siracusano, mentre lo storico greco Appiano di Alessandria narrò che nel 36 a. C. l'imperatore Augusto si salvò dopo essere stato sconfitto in mare da Sesto Pompeo durante la guerra civile. Nei secoli successivi le guerre, i saccheggi e le distruzioni dovute a terremoti ed eruzioni vulcaniche costrinsero gli abitanti a spostarsi più a sud.


A Capo Mulini durante i lavori per la realizzazione di una fortificazione nel corso della guerra franco-spagnola del 1675 furono ritrovate notevoli quantità di frammenti di statue marmoree databili in epoca romana, tra cui un busto marmoreo attribuito a Giulio Cesare, noto come Il Busto di Acireale, oggi in mostra alla Pinacoteca Zelantea della città acese. Numerose sono le leggende narrate su questa città. Si narra che l'eruzione vulcanica del 396 a. C., oltre ad aver sconvolto il territorio acese, mise anche in fuga la flotta cartaginese comandata da Imilcone che si preparava ad uno sbarco. Il Venerdì Santo dell'anno 100 d. C. viene tuttora ricordato come il giorno di nascita di S.Venera, mentre il 143 d. C. nella stessa area avvenne l'esecuzione della Santa per decapitazione. I Giganti che sarebbero caduti nel bosco d'Aci per punizione di Zeus dopo aver tentato la scalata all'Olimpo, evento questo ricordato nel De raptu Proserpinae di Claudiano. Nel tratto di costa ionico tra Acireale e Catania sarebbe approdato Ulisse con i suoi compagni nell'Odissea ed avrebbe incontrato il ciclope Polifemo, figlio del Dio Nettuno. Quest'ultimo li imprigionò in un antro che usava come dimora e gli sfortunati viaggiatori si liberarono di egli solo accecandolo con un palo arroventato. Per l'ira il ciclope scagliò enormi massi contro Ulisse e i suoi compagni in fuga. I massi sono leggendariamente identificati con faraglioni di Acitrezza.


Fonte di ritrovamenti di questo tipo è l'Area Archeologica di S.Venera al Pozzo, sita all'interno dell'attuale comune di Acicatena. Qui fu ritrovato un mosaico d'epoca romana detto de Il Pegaso, mentre ad Acitrezza rinvennero resti di colonne, incisioni e cisterne risalenti al basso impero, ma l'incuria, l'azione dell'uomo e gli eventi naturali hanno cancellato grossa parte delle antiche vestigia. Altri reperti si trovano a Capo Mulini e nella spiaggia antistante l'isola Lachea e si tratta di ceramiche, che testimoniano la frequentazione dell'isola in età tardo-romana, di un'antica fortificazione fenicia e di un luogo di culto bizantino. Tra gli anni '50 e gli anni '90 del XX sec. sono venuti alla luce diversi resti, tra cui quelli di una necropoli ellenistica ad Acicastello in zona Vigna Vecchia, ma la mancanza di uno specifico piano di scavi archeologici e la fortissima urbanizzazione hanno impedito la valorizzazione della scoperta. I reperti si possono ritrovare attualmente anche al Museo Civico di Acicastello. A tutte queste osservazioni di carattere storico ed archeologico se né aggiungono altre di carattere linguistico, in quanto Aki e Ki sono entrambi suffissi sumerici indicativi di luogo e così Aci, accompagnato da un'indicazione caratterizzante potrebbe essere una traccia di insediamenti di genti di provenienza dal mediterraneo orientale, che hanno abitato le regioni ioniche dell'Italia durante l'età del bronzo o poco prima. Nelle colline di Capo Peloro nel messinese sono state ritrovate statuette risalenti al Calcolitco di stile cicladico. Da quelle parti si trova Curcuraci che è un toponimo con il suffisso aci leggibile nella seguente maniera: Kur (altura), Kur-Kur (le alture) e aki (luogo di). 
 


La collocazione di Xiphonia sulla Riviera dei Ciclopi è l'ipotesi più diffusa, ma non del tutto certa. Un'altra ipotesi colloca questa città vicino Augusta, e ad avvalorare quest'ipotesi sono anche alcuni elementi come la presenza di greci, l'esistenza del capo Xiphonio e della via Xiphonia all'interno del comune megarese. Nel periodo dal XVI al XIX sec. diversi studiosi dibatterono sulla collocazione della città, tenendo conto anche del fatto che i due luoghi in cui è presente il faro, Capo Mulini sulla Riviera dei Ciclopi e Capo S.Croce ad Augusta, delimitano a nord e a sud il golfo di Catania. Al momento l'ipotesi più diffusa è quella che essa si trovasse a Capo Mulini. Una grande curiosità suscita anche l'origine del toponimo che in romano significherebbe spada, mentre in greco significherebbe cuspide e ciò si riferirebbe soprattutto alla forma aguzza dei dirimpettai faraglioni di Acitrezza.

















martedì 16 agosto 2016

La festa della Vara in onore della Madonna Assunta edizione 2016




Lunedì 15 agosto, dalle ore 18,30 fino alle ore 21, ha avuto luogo a Messina come ogni anno l'edizione 2016 della festa della Vara in onore della Madonna Assunta. Io e Daniele Ferlito, che prossimamente pubblicherà interessanti pezzi nel blog e al quale vanno fatti i complimenti per la precisione e meticolosità mostrate nelle interviste e nel seguire le diverse tappe della processione, abbiamo raggiunto il capoluogo peloritano in treno per seguire le varie tappe dell'evento e per mostrare il contenuto sia religioso che folcloristico della festa. Alle ore 17,30 il luogo di partenza della manifestazione, piazza Castronovo, era già pieno di gente e con la Vara già preparata dalla sera precedente. Nei minuti di attesa precedenti all'inizio della manifestazione, oltre ad assistere all'entrata della bara di vetro della Madonna all'interno della Vara avvenuta alle ore 17,50, non siamo riusciti a parlare con il Capovara Paolo Molonia ma abbiamo avuto comunque l'onore di scambiare quattro chiacchiere con uno dei signori presenti all'interno della Vara e con alcuni devoti, questi ultimi rigorosamente muniti di sacco e a piedi nudi, gesto di devozione che avviene anche in virtù dell'usanza di bagnare la strada durante il percorso della Vara. Una volta iniziata la processione abbiamo intervistato alcune persone appartenenti al pubblico le quali ci hanno parlato di alcune modifiche che negli anni sono avvenute nell'ambito dei festeggiamenti.


Vincenzo Cutroneo, 61 anni,  ha sottolineato come nei suoi cinquant'anni di esperienza al seguito della processione all'interno della Vara tutti i soggetti presenti hanno la loro importanza nel portare avanti la Vara e come quindi le varie mansioni abbiamo tutte un'uguale rilevanza. Poi è stata la volta dei due devoti, Walter Ielitro e Massimo Gilotti. Il primo ha fatto una descrizione davvero dettagliata della festa, parlando delle sue origini ormai pentasecolari, dell'importanza di Carlo V con la Machina trionfale eretta in suo onore, anche in correlazione alla fede mariana di Messina con la presenza della festa già prima di quest'avvenimento, della derivazione dei nomi di coloro che stanno all'interno della Vara dalla tradizione marinara, in virtù di tale vocazione della città, così come il termine Vara derivante dal verbo barare appartenente anch'esso alla tradizione marinara, e del suo senso di devozione che di anno in anno si rinnova e cresce sempre più. Il secondo ha espresso nel più fervido dei modi la sua devozione per la Madonna ed ha enunciato un grande sprone a tutti i siciliani ed i meridionali a fare uso nel migliore dei modi delle nostre ricchezze paesaggistiche, storiche e culturali.
L'inizio della manifestazione è avvenuto alle ore 17,55 con l'introduzione del Cappellano Enzo D'Arrigo, inframmezzata da diversi gridi di Viva Maria, mentre in seguito hanno avuto luogo, in ordine cronologico, l'allungamento delle gomene, l'Ave Maria con invocazione alla Madonna Assunta ed il passaggio dell'autobotte che bagnava il terreno per lo scivolamento della Vara. In questo breve frangente abbiamo avuto modo di intervistare alcune persone presenti all'interno del pubblico, tra cui una signora di nome Assunta, che festeggiava il suo onomastico. Essa ci ha raccontato come si è evoluta per alcuni aspetti la festa, come le attuali statue di legno o cartapesta hanno sostituito i bambini ed i ragazzi nella rappresentazione dei personaggi, come l'altezza della Vara sia stata ridotta a causa degli incidenti avvenuti in passato ed infine dell'importanza della strada bagnata lungo il percorso della processione.



Intorno alle 18,25, in seguito ad un nuovo urlo di Viva Maria da parte del Cappellano, ha avuto inizio la processione vera e propria con l'alzata delle corde, la benedizione da parte del Cappellano ai devoti e ai tiratori, a cui va fatto un grande encomio per la forza e le grinta mostrate durante tutto il percorso, l'inizio dei fuochi d'artificio, contemporaneamente a tanti urli di Viva Maria da parte del Cappellano, e il giro del Sole all'interno della Vara. Una volta partita la processione sono avvenute diverse soste. La prima di esse è avvenuta poco dopo le 18,30 all'incrocio della via Garibaldi, che costituisce la maggior parte del percorso, con il viale Giostra. Subito dopo, esattamente prima della sosta all'incrocio con la Cicala-Torrente Trapani, abbiamo avuto da parte signora che non ci ha comunicato il suo nome per privacy una curiosa informazione riguardante la tradizione delle statue viventi. Essa ha affermato che questa tradizione è continuata fino agli anni '70 del XX sec., a differenza di come diffuso dalla maggior parte dei mezzi di informazione, i quali fanno coincidere la fine di essa in pieno '800. Alle 18,50 circa è avvenuta la sosta in corrispondenza della piazza Filippo Iuvara, detta anche piazza di l'ottagunu dai messinesi data la sua forma ottagonale, la quale abbiamo scoperto, sempre tramite una signora, coincide con il vecchio luogo di partenza della manifestazione fino ai primi anni '60 del '900.




Poco dopo le 19 la Vara si è fermata di fronte alla Chiesa di S.Giuliano con fortissimo sottofondo di campanelli e fischi, seguiti da immediati applausi, mentre un quarto d'ora dopo all'incirca ha avuto luogo davanti alla Prefettura in piazza Unità d'Italia, detta dai messinesi Piazza do Nettunu data la presenza della statua di Nettuno, la prima delle due soste più importanti prima dell'arrivo in via I Settembre. Da notare il colpo d'occhio rappresentato dai fuochi pirotecnici sopra lo specchio d'acqua dello Stretto, seguiti naturalmente da calorosi applausi. Dopo un breve sosta di poco successiva all'incrocio con il corso Cavour, ha avuto luogo la seconda sosta di una certa importanza, ovvero quella in corrispondenza dell'incrocio col viale Boccetta, molto interessante in quanto corredata da un'omelia del Cappellano con un grande omaggio ai defunti e un'invocazione fortissima alla vita con il grido di Viva la vita.



Poco dopo le 19,50 è avvenuta un'altra suggestiva sosta in piazza dell'Unione Europea, detta dai messinesi anche Piazza do municipiu in virtù della presenza del Municipio, oltre che delle statue dei Giganti, che rappresentano uno dei monumenti più importanti del capoluogo peloritano. Anch'essa è stata accompagnata dai fuochi d'artificio ed è da notare il grande effetto ottico, che qui non siamo riusciti a fotografare del tutto con le statue dei Giganti.




Dopo una brevissima sosta al Largo S.Giacomo, intorno alle ore 20,25 e con l'imbrunire del cielo la Vara ha raggiunto il punto più importante della sua processione, ovvero l'intersezione con via I Settembre dove avviene la cosiddetta girata, Essa è avvenuta circa venti minuti dopo, data la meticolosità che tutto il corpo capitanato dal Capovara ha dovuto mettere in atto per la perfetta riuscita della manovra. 


Una volta avvenuta la manovra e imboccato l'ultimo tratto di via I Settembre è avvenuta l'ultima breve sosta dirimpetto all'Arcivescovado e successivamente una vera e propria corsa verso il punto finale della processione, la piazza Duomo con l'entusiasmo andante a mille dei devoti ed un emozionante discorso finale del Cappellano, il tutto a mostrare il fortissimo sentimento di devozione che lega la città peloritana alla Madonna Assunta il quale, a detta di qualcuno intervistato da noi, ha superato quello per la Madonna della Lettera, fino a qualche anno fa Santa patrona principale di Messina.


Si ringrazia il dott. Domenico Interdonato, direttore di Filodirettonews e presidente della sede sicula dell'Ucsi, Unione Cattolica Stampa Italiana, per la sua collaborazione e disponibilità al momento del nostro arrivo in stazione e nel monitoraggio del percorso della processione e per averci inviato questa splendida foto riportata qui in seguito.












sabato 13 agosto 2016

Sperlinga ed il suo castello




Sperlinga, detto Sperrenga in dialetto gallo-italico e Spillinga in dialetto siculo, è un comune di 896 abitanti appartenente alla provincia di Enna, situato tra i monti Nebrodi e le Madonie a 47 chilometri da Enna e considerato uno dei borghi più belli d'Italia. Il nome deriva dal greco significa spelonca, ovvero grotta e fu definito una regale dimora rupestre scavata in una notevole mole di roccia arenaria. Il territorio comunale è caratterizzato così da numerose grotte. Il primo documento che attesta l'esistenza del paese risale al 1082 ed è un privilegio del Conte Ruggero. In seguito avvenne una forte colonizzazione da parte di popolazioni lombarde provenienti dal Nord Italia, e conseguenzialmente a ciò, si parla tuttora a Sperlinga un dialetto gallo-italico, diffuso anche in altre zone dell'isola, a causa di immigrazioni dalle province di Novara, Asti e Alessandria. Gerard Rohlfs fece a tal proposito un'interessante ricerca tra il 13 e il 14 aprile del 1924. In un documento del 1239 Sperlinga viene per la prima volta attestato come castrum, borgo dotato di strutture castellane. La sua storia si identifica con quella delle famiglie che hanno posseduto il castello, vero e proprio monumento con il quale si identifica il paese. Esso nacque tra XI e XII sec. durante la dominazione normanna sulle rovine di poco nota fortificazione araba e fu costruito su un basamento rupestre dalle popolazioni indigene sicule che utilizzavano le grotte scavate come sepolcri. Queste ultime divennero abitazioni nel periodo dei bizantini e dei saraceni. Nel periodo angioino il proprietario era Petro de Lemanno mentre, dal 1324 al 1597, fu posseduto dalla famiglia Ventimiglia. Successivamente passò in mano a Giovanni Forti Natoli ed il re Filippo IV, nel 1626, diede ad egli il titolo di principe di Sperlinga ed il privilegio di potervi fabbricare terre. Il castello divenne così al suo interno un grande centro commerciale ed il suo territorio fu attraversato da trazzere regie che permisero collegamenti con i più centri dell'isola. Giovanni Natoli fece anche edificare la Chiesa di S.Giovanni Battista fuori dalle mura di cinta del castello e diede così inizio allo sviluppo di tutto il borgo. Il figlio Francesco, nel 1658, cedette il castello e l'attigua proprietà feudale agli Oneto, duchi di Sperlinga, e nel mentre manteneva il titolo di principe di Sperlinga. La famiglia mantenne la proprietà, dal 1680, in condivisione con gli Spatafora fino al 1698. Nel 1862 il proprietario divenne il barone Nunzio Nicosia, i cui discendenti mantennero la proprietà fino al 1973, anno in cui fu ceduto definitivamente al comune. Oggi all'interno del castello sono presenti scavi per funzioni astronomiche, come la gestione della penetrazione del sole nel solstizio d'inverno e d'estate ed un silos di 12 nicchie con funzione d'orologio solare.


Grande interesse storico riveste una scritta posta sull'arco a sesto acuto dell'androne del castello che enuncia Quod siculis placuit sola Sperlinga negavit. La frase fu fatta incidere da Giovanni Natoli nel giorno in cui entrò in possesso del castello ed è legata ad una delle vicende dei Vespri Siciliani. Nel 1282 una guarnigione francese di angioini si chiuse all'interno del castello e resistette per oltre un anno. A confermare ciò è un documento di Carlo d'Angiò del 27 settembre 1283 ritrovato dallo storico Michele Amari che sottolinea come i soldati angioini capitanati dal già citato Petro de Lemanno arrivarono sani e salvi in Calabria e furono premiati con la concessione di alcuni poderi. Dell'evento si trova un cenno anche nella Gerusalmemme conquistata, riscrittura riveduta e corretta della Gerusalemme liberata sempre opera di Torquato Tasso, a cui egli lavorò tra il 1582 ed il 1593, che enuncia O di Sperlinga, al fin pietoso a Franchi. La frase incisa da Natoli viene comunemente utilizzata nel linguaggio moderno per indicare un comportamento isolato che si discosta da quello condiviso da tutti gli altri.






Altri luoghi d'interesse sono il Borgo rupestre, la via Valle ed il Bosco. Il Borgo rupestre, detto e Rutta in gallo-italico, è formato da una serie di grotte, collegate tra loro dalle contrade Rossa, Cicera, Perciata, Grotta Vecchia e del Balzo, disposte in file sovrapposte e collegate da corridoi all'aperto. Furono regolarmente abitati fino al 1960 per poi essere gradualmente abbandonati, soprattutto in virtù del fatto che il comune acquisto 6 di queste nel 1982. Adesso esse fanno parte del percorso turistico e all'interno vi si trovano un forno per la panificazione, un focolare e altri oggetti di uso agricolo. Vi si accede in due modi: da piazza Castello per la via Cortile e seguendo la scalinata scavata nella roccia e dalla via Arena in salita ripida. La via Valle, detta a Vao in gallo-italico, è un suggestivo quartiere con delle linee rosse concentrazione di ossido di ferro nella roccia arenaria. Il Bosco, detto O Bosco in gallo-italico, è un'aperta boscaglia alle pendici del monte Zimmara composta da roverelle, un fitto sottobosco popolato da ginestre spinose e da perastri, dai cifi, piccoli abbeveratoi scavati nella roccia arenaria e messi in cascata, e da una casa forestale, attualmente in fase di restauro. Esso è meta di conigli, lepri, volpi, e gatti selvatici e diverse specie di uccelli ed è un'altura che si trova tra gli 800 e i 1000 metri . Da notare infine la Contrada Capostrà, celebre per essere stata il sito di una foto divenuta simbolo mondiale dello sbarco alleato in Sicilia e scattata nel 1943 da Robert Capa.


Sperlinga è nota per la produzione delle frazzate, tappeti tessuti a mano su vecchi telai in legno. L'agricoltura è anch'essa molto florida e si fa notare per la produzione di olive, agrumi, grano e per la presenza di foraggi con produzione floricola. L'allevamento biologico locale di bovini e ovini con prodotti derivati trova la sua maggiore espressione nella Fiera del Bestiame che si tiene nei mesi di giugno, luglio e agosto. Tra i prodotti agroalimentari spiccano la fresca tela, polenta di farina di grano duro con lardo e broccoletti, la cassata ed il Tortone, dolce preparato con la pasta del pane fritta in olio e cosparsa di cannella. Ad esso è dedicata la sagra, che si svolge ogni anno il 16 agosto, nata nel 1982, in occasione del centenario settimo dei Vespri Siciliani, all'interno del Borgo rupestre e che consiste nella distribuzione e degustazione di cibi locali tipici appartenenti alla tradizione culinaria del luogo. Al centro di essa naturalmente il Tortone gustoso. Nei giorni precedenti ad essa i vari rioni del paese si sfidano in vari giochi, ognuno di essi rappresentato da una Dama. La dama del rione che ottiene il maggior punteggio viene eletta Castellana del paese di Sperlinga. Nel giorno della festa la Castellana, insieme alle altre dei paesi Gallo-Italici partecipa al corteo storico, composto da molti personaggi, in costume d'epoca, che sfilano lungo le vie del paese. Una giuria elegge la Dama dei paesi Gallo-Italici e durante la serata nella piazza Castello avvengono rappresentazioni di eventi storici, spettacoli pirotecnici, canti e balli.