lunedì 3 ottobre 2016
L'antica polis siceliota di Eloro e la villa romana del Tellaro
Eloro, detta Eloros in greco ed Elorus in latino, è stata un'antica polis siceliota. Il suo centro oggi è un sito archeologico situato su una collina, a circa 20 metri sul livello del mare, dirimpetto al mar Ionio, a circa 8 chilometri a sud-est di Noto, nell'odierna provincia di Siracusa, poco a nord della foce del fiume Tellaro, allora chiamato Eloro come la città. Di questa particolare polis sappiamo poco fino al periodo romano. Quando fu scoperta, alla fine dell'VIII sec. a. C., si arrivò alla conclusione che essa fu la prima subcolonia di Siracusa. Essa fu posta nel punto in cui, anni dopo, fu costruita la via Elorina, menzionata più volte da Tucidide, la quale metteva in collegamento Eloro con il capoluogo aretuseo. Il documento più antico che menziona Eloro è di Pindaro in Nemee, IX, 40. Secondo Erodoto, nell'alto corso del fiume, Ippocrate, tiranno di Gela, sconfisse in battaglia nel 493 a. C. le forze siracusane. Non lontano da li i Siracusani sconfissero gli Ateniesi nella battaglia dell'Assinaro del 413 a. C. Nel 263 a. C., come ricorda Diodoro Siculo, insieme ad Akrai, Leontinoi, Megara Iblea, Netum e Tauromenium, Eloro fece parte dei possessi riconosciuti da Romani, impegnati nella Prima guerra punica, a Gerone II di Siracusa. Nel 214 a. C., come attestato da Tito Livio, Eloro, che era passata ai Cartaginesi, si consegnò a Claudio Marcello. Dalle Verrine di Cicerone ricaviamo che Gaio Verre privò totalmente la città delle sue opere d'arte e che sulla costa presso Eloro si svolse una battaglia navale che permise ai pirati di distruggere la flotta provinciale (71 a. C.). La città rimase fiorente anche in epoca bizantina per poi venire quasi del tutto distrutta con l'arrivo degli Arabi. Le mura urbane, datate da Paolo Orsi al V sec. a. C. ed in seguito attribuite al VI sec. a. C. nella loro fase originaria, furono ricostruite sopra i resti di quelle più antiche, forse nella seconda metà del IV sec. a. C. A sud-est una torre medievale detta Torre Stampace venne costruita nel 1353 da Blasco Alagona, agli ordini di Pietro d'Aragona, per la difesa della costa: la torre poggia sui resti di una fortezza, citata da Plinio il Vecchio. Il santuario più importante si trovava all'esterno delle mura, era dedicato a Demetra e Kore e riprende un più antico culto indigeno siculo. Si trovava all'esterno delle mura ed era costituito da diversi ambienti. Il primo impianto risale al VI sec. a. C., ma venne utilizzato fino al III sec. a. C, come testimoniano gli ex voto conservati nel Museo archeologico di Noto. In seguito il santuario venne trasferito all'interno della città come piccolo tempio in antis e circondato da un porticato, detto stoà, a tre bracci, dorico in facciata e a due navate. Il porticato era connesso anche con l'agorà, di sui restano visibili solo le cisterne scavate nella roccia per raccogliere l'acqua piovana. Dalla piazza una via si dirigeva verso il mare a sud-est: insieme ad un'altra via in senso nord-sud definiva gli assi della struttura urbanistica della città. Un santuario dedicato al dio Asclepio, del IV sec. a. C., era costituito da un cortile circondato da portici, dove gli ammalati sostavano e dormivano in attesa della visita in sogno del dio, che avrebbe portato alla guarigione. Nei pressi sorgeva un piccolo thesauròs, ossia un edificio a forma di piccolo tempio in antis, destinato ad ospitare le offerte votive e datato alla seconda metà del IV sec. Verso sud, sulle pendici della collina, si trova un teatro greco, in parte scavato nella roccia ed in parte costruito, risalente alla fine del IV sec.-inizi III sec. a. C., in parte intaccato da un canale di bonifica realizzato negli anni '30. A nord-ovest si trovava la Colonna Pizzuta, un monumento funerario, costituito da una colossale colonna in rocchi di pietra calcarea, con un diametro di 3,80 metri ed un'altezza ricostruibile in circa 10 metri. Nei rpessi si trova un ipogeo scavato nella roccia, databile alla seconda metà del III sec. a. C., già visto negli scavi di Orsi del 1899 ed in seguito reinterrato. Le quattro necropoli, distinte dagli studiosi con le prime quattro lettere dell'alfabeto, erano situate sul terrazzo roccioso a nord dell'abitato.Il sito confina con la Riserva naturale di Vendicari, dove è possibile vedere tracce dell'antica via Elorina proveniente da Siracusa.
Vicino ai resti di questa polis si trova la Villa romana del Tellaro, riscoperta nel 1971 su una bassa elevazione presso il fiume e sotto una masseria sette-ottocentesca. Il corpo centrale della villa si articola intorno ad un grande peristilio. Il tratto del portico sul lato settentrionale presentava una pavimentazione a mosaico con festoni d'alloro che formano cerchi ed ottagoni con i lati inflessi includenti motivi geometrici e floreali e su di esso si affacciano altri due ambienti che conservano i mosaici figurati. Nel primo di questi ambienti il mosaico, molto danneggiato, conserva un pannello con la scena del riscatto del corpo di Ettore. Qui Ulisse, Achille e Diomede, identificati con iscrizioni in greco, son impegnati nella pesatura del cadavere dell'eroe. La figura di Priamo è perduta, il corpo di Ettore, frammentario, si trovava su un piatto della bilancia e l'oro del riscatto era nell'altro piatto. Quest'episodio, non ricordato nell'Iliade di Omero, deriva da una tragedia di Eschilo. Il pavimento musivo del secondo ambiente presenta una scena di caccia, con un banchetto all'aria aperta tra gli alberi ed una figura femminile interpretata come personificazione dell'Africa. I mosaici sono opera di maestranze africane e vennero realizzati dopo la metà del IV sec. a. C. Il 15 marzo del 2008, dopo 30 anni dagli scavi e dopo lavori di ristrutturazione, la villa è stata inaugurata e resa fruibile al pubblico. Alle spalle di essa si trovano i vigneti nei quali si coltivano le uve che danno vita ad alcuni dei vini più conosciuti dell'isola, ovvero il Nero d'Avola, il Moscato e l'Albanella.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento