Il Biviere di Lentini è un lago sito in provincia di Siracusa al confine con la provincia di Catania e che ha la sua estensione nel comune di Lentini. Il suo bacino occupa una superficie costituita da una depressione naturale e dalle ultime propaggini settentrionali dei Monti Iblei e della Piana di Catania. L'origine del lago è tuttora discussa. Una prima ipotesi sostiene che fu realizzato dai Templari tra XII e XIII sec., con uno sbarramento del vicino fiume Trigona-Galici, a 100 metri di distanza dalla confluenza nel fiume San Leonardo al fine di creare una riserva di caccia e pesca. Una seconda ipotesi attribuisce le sue origini ad Ercole. Quest'ultimo secondo la leggenda, dopo aver ucciso il Leone di Numea, aver usato la sua pelle come manto e la sua testa come elmo e averne deposto il mantello sull'ara della dea Cerere, fondò la città, chiamata appunto Leontini dal nome del Leone, ed il lacus erculis. Infine una terza ipotesi si rifà ad un punto di vista geologico e riguarda il movimento di faglie tettoniche durante il Pleistocene legate al sistema divergente Graben di Scordia-Lentini, che avrebbero dato origine alla depressione dalla quale è nato il lago. Il termine Biviere deriva dal francese vivier, a sua volta corruzione del latino vivarium, indicante uno spazio acquatico riservato all'allevamento ittico.
Molti viaggiatori stranieri apprezzarono e descrissero il lago durante il XIX sec. anche se è diffusa la notizia erronea che lo scrittore Charles Didier lo definì terza meraviglia della Sicilia. Egli, durante il suo viaggio in Sicilia, ebbe un'informazione errata in quanto la terza delle tre meraviglie dell'isola, Monte, Ponte, Fonte, è la Fonte Aretusea di Ortigia e non il lago. Le altre due sono il Monte Etna ed il Ponte di Capodarso che attraversa il fiume Himera (oggi Salso). Il lago era anche portatore di febbre e morte a causa della diffusione, esattamente nei mesi estivi, della malaria portata dalle zanzare anofele. Giovanni Verga né parla nelle sue opere La malaria e La roba e lo stesso Didier, credendo di trovarsi davanti ad una delle tre meraviglie della Sicilia, afferma che esso è Uno stagno circondato da canneti e popolato di anguille, che invece di purificare il paese e di fertilizzarlo, lo infesta con la febbre e la morte. Così negli ultimi anni XIX sec. iniziarono lavori di bonifica che culminarono nel prosciugamento e nella scomparsa del lago negli anni '30. Ma tutto questo cominciò a portare successivamente dei danni alle attività agricole e di pesca della conca che circondava il lago, in quanto gli agrumeti rischiarono anch'essi di scomparire e i pescatori del lago dovettero così andare alla disperata ricerca di altre attività lavorative. Così, negli anni '70, con i finanziamenti della Cassa del Mezzogiorno e grazie alla convenzione di Ramsar del 1972, che considerava prioritaria la protezione delle zone umide di tutto il pianeta, avvenne la riapertura del lago con dimensioni diverse rispetto a quelle del precedente. Prima del prosciugamento erano rispettivamente di 3 km di larghezza e di 5 km di lunghezza e il livello di profondità variava da mezzo metro a quattro metri a seconda delle condizioni meteo, mentre quelle attuali sono di 14 km complessivi di perimetro e di una capacità di 127 milioni di metri cubi d'acqua. Sempre nel periodo precedente alla chiusura emergevano all'interno del lago due isolotti chiamati rispettivamente isola grande e isola piccola i quali, nei periodi più piovosi dell'anno, vedevano variare le loro linee di costa. Questo era causato dal fatto che le piene del lago si riversavano sul vicino fiume S.Leonardo, sfociante sul golfo di Catania, che deve il suo nome al Santo protettore dei prigionieri al quale erano devoti i Normanni e che trovò dei promotori nei Templari. Un promontorio chiamato Cannedda di S.Francesco era fonte di nutrimento per le anguille e le tinche luogo di sosta per diversi uccelli migratori come le cicogne bianche, i cigni reali, gli aironi cenerini e i fenicotteri rosa.
Attualmente la flora e la fauna che popola il lago è molto prolifica. La prima annovera le Callitriche Stagnalis, il Ceratrophyllum Demersum, che produce molto ossigeno, il Myriophyllum Spicatum, che ha un fiore con otto stami e le foglie pennate, il Phragmites communis, il Tamarix, lo Scirpus Lacustri, la Potamogeton Crispus (detta anche lattuga marina) e l'Ultricularia Vulgaria, particolare pianta carnivora che si nutre principalmente di piccoli crostacei tramite le vescicole presente nelle proprie foglie. La fauna è composta principalmente da diverse specie di uccelli migratori e oltre alle già citate specie, si notano gli aironi bianchi e rossi, la Sgarza ciuffetto, le anatre, le oche selvatiche, le Spatole, lo Svaso maggiore (noto per i suoi riti nuziali), il Mignattaio, i falchi pescatori, falchi di palude e falchi pellegrini, le folaghe, le gallinelle d'acqua e i porciglioni. Chiudono questo quadro quattro specie molto particolari come il Cavaliere d'Italia, la Avocetta e la Pittima Reale, noti perché si nutrono di invertebrati scovati col becco immerso nel fango del lago, e la Gru che ha un peso di circa 6 chili e un'apertura alare di oltre 2 metri e ha nel Biviere l'unica zona di svernamento in Sicilia. Infine cefali e i gamberetti d'acqua dolce si aggiungono alle specie prima menzionate per quanto riguardano i pesci e i molluschi che popolano il lago.
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