Sotto le acque del Lago di Faro, in dialetto messinese chiddu nicu, giacciono, secondo una leggenda probabilmente di derivazione celtica come quelle della Fata Morgana e di Artù sull'Etna, i resti di un'antica città di nome Risa. Il nome deriva da quello della principessa che la governava. Secondo la leggenda la città era circondata da mura bianche in pietra ed il centro era molto fertile e crocevia di scambi commerciali e culturali tra le popolazioni indigene della Sicilia preellenica. Un forte sisma la distrusse e la fece sprofondare creando una depressione e quest'ultima venne poi riempita dalle acque piovane formando l'attuale Pantano piccolo. I resti della città, secondo alcuni studiosi, si trovano a circa 30 metri di profondità e in particolari condizioni metereologiche, con acque limpide e stagnanti, sono perfettamente visibili. Molti di essi sono anfore bizantine e resti di un'antica imbarcazione.
Ancora oggi gli abitanti del luogo sostengono che si sentano i rintocchi della campana della chiesa della città in particolar modo nelle ore notturne per avvertire i pescatori dell'arrivo di una forte burrasca. Di questo né è testimonianza il detto in dialetto Si sona a campana i Rrisa e megghiu non pigghiari ppi fora. C'è anche chi sostiene che la campana venga suonata dalla principessa Risa la quale, bella e inquieta, non trova pace.
La città sommersa, sempre secondo la leggenda è abitata da un personaggio mitologico molto legato alla città, la Fata Morgana. Essa era un'incantatrice nelle notti di luna piena ed oggi risorgerebbe dalle acque del lago per cercare una storia d'amore e di dolore da raccontare alle sue seguaci che dimorerebbero con lei a Risa. La città di Risa compare ne La Canzone d'Aspromonte opera appartenente al ciclo carolingio. In essa, composta nella prima metà del XII secolo, si narrano la giovinezza di Orlando tra Calabria e Sicilia, le peripezie dei paladini di Re Carlo e la caduta della città di Risa. Quest'ultima sarebbe stata patria del prode Ruggero e avrebbe custodito il suggestivo tesoro di Annibale. Malgrado alcuni studiosi sostengano che Risa sia il nome medievale di Reggio Calabria, gli episodi dell'opera si verificano sulla riva peloritana dello Stretto e confermano così la versione messinese dei fatti.
Qualcuno sostiene anche che il lago sia un cratere appartenente ad un vulcano spento e, come già accennato in uno dei precedenti pezzi, sede di un tempio eretto da Poseidone che i Romani chiamarono Nettuno. Ciò che è certo è in età classica esso sia stato molto frequentato sia dai Fenici che dagli Arabi per farne un riparo per l'ormeggio delle imbarcazioni, ma un elemento che balza agli occhi soprattutto guardando il lago dall'alto è un muro lungo circa 60 metri e sito a circa 6 metri di profondità. Esso è costituito da materiale prevalentemente roccioso ma non si sa se è di origine naturale o artificiale. Gli studiosi hanno accertato che nella civiltà e nell'antichità greche era molto frequente la presenza di un'area sacrale, di un luogo di culto sotto l'acqua e che esso è il resto di un'antica struttura urbana, il che conferma la veridicità del mito di Risa. Da sottolineare infine l'importanza della presenza degli inglesi che con i loro lavori di canalizzazione dell'area tra la fine del '700 e l'inizio dell'800 hanno seppur momentaneamente ripristinato antiche situazioni del passato, come quelle del periodo dei Fenici e degli Arabi.
"Nicu" non si usa a Messina. L'articolo mischia dicerie e leggende varie.
RispondiEliminaIo ho conosciuto una persona che aveva il soprannome di... Nica, proprio a Messina.
Eliminal'articolo è una accozzaglia di cose prese un pò qua ed un pò là.....citando frasi dialettali e detti che non sono autoctoni....certo la vicenda è affascinante....ma sin'ora priva di riscontri storici e geografici....
EliminaInfatti, concordo
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