Giuliano Spina nato a Catania il 18/03/1989 laureato in Lettere moderne

venerdì 5 agosto 2016

La Riviera dei Ciclopi: Acicastello e Acitrezza

A pochi chilometri da Ognina ha luogo la Rivera dei Ciclopi, un luogo così chiamato perché legato alle vicende dell'Odissea di Omero. Esso è popolato da due splendide località, un tempo anch'esse borghi marinari, Acicastello e Acitrezza.



Acicastello, detto Castiddu di Iaci o Casteddu in dialetto, è un comune di 18.723 abitanti appartenente all'area metropolitana di Catania ed ingloba anche il contiguo borgo marinaro di Acitrezza ed i borghi collinari di Cannizzaro e Ficarazzi. Alcune fonti affermano che esso, insieme agli altri limitrofi aventi nel loro nome il prefisso Aci, tragga geograficamente origine da Xiphonia, misteriosa città greca scomparsa avente con ogni probabilità il suo nucleo principale nella zona dell'attuale borgo marinaro di Capo Mulini. I poeti Virgilio e Ovidio fecero nascere il mito dalla fondazione sia dalla storia d'amore tra la ninfa Galatea ed il pastorello Aci che dal ciclope Polifemo, anch'egli innamorato di Galatea. La leggenda narra che proprio Polifemo sconfisse il rivale Aci sotto un masso e dal sangue del pastore nacque un fiume chiamato Akis dai greci e prevalentemente sotterraneo. Nello stesso territorio nacque in epoca romana una città avente lo stesso nome che partecipò alle guerre puniche. La storia di Acicastello è legata principalmente alla fortezza dalla quale prende il nome, il Castello di Aci. Esso fu il fulcro dello sviluppo, oltre che del paese, di tutto il comprensorio acese soprattutto nel Medioevo. Il promontorio basaltico era originariamente separato dalla terraferma ed un primo castello fu costruito nel VII sec. dai bizantini su una preesistente fortificazione romana probabilmente risalente al 38 d. C. chiamata Castrum Jacis e volta alla difesa della popolazione dalle scorrerie. Nel 902 l'emiro Ibrahim assaltò il castello e la popolazione depose le armi a favore dei musulmani. Nel 909 il califfo 'al-Mooz fece riedificare la fortificazione, detta qalat, con lo scopo di difendere l'abitato e così in tutto il X secolo sotto la dominazione araba il paese fu chiamato Al-Yag o Li-Yag. Durante la dominazione normanna, fondamentale per la nomenclatura del castello in quanto le attuali indicazioni stradali a sfondo turistico indicano castello normanno, venne introdotto il sistema feudale in tutta l'isola. Così nel 1092 il castello divenne proprietà dell'abate e vescovo di Catania Angerio da S.Eufemia e fu chiamato Castrum Jatium. Si trattò del primo atto riguardante la Terra di Aci e le sue pertinenze erano nei comuni, oltre che di Acicastello, di Aci S.Antonio, Acireale, Aci Catena, Aci Bonaccorsi e Valverde, ai tempi chiamata Aci Valverde. Nel 1126 il vescovo Maurizio di Catania ricevette li nel nel castello le reliquie di S. Agata provenienti da Costantinopoli e tuttora quest'avvenimento è ricordato da un affresco all'interno di un'ex cappella li dentro il castello. Il terremoto del 4 febbraio 1169 precedette l'eruzione dello stesso anno che colmò il piccolo braccio che separava fino ad allora il castello dalla terraferma. Nel 1239 il castello ritornò al demanio in quanto Federico II di Svevia rimosse il vescovo Gualtiero di Palearia. Ma alla fine del XIII sec., quando il borgo iniziò a partecipare alle guerre del Vespro, il castello ritornò nuovamente nelle mani del vescovo di Catania. Nel 1297 Federico III d'Aragona diede l'Università di Aci all'ammiraglio Ruggero di Lauria con un patto che enunciava il pagamento di un canone di 30 once d'oro il giorno di S.Agata, ma esso non fu mai rispettato. Quando Ruggero di Lauria passò con gli angioini il re Federico fece espugnare il castello con una torre di legno chiamata cicogna e riportò la fortezza nel demanio. Nel 1320 Federico cedette il castello a Blasco II Alagona. A quest'ultimo successe poco dopo il figlio Artale I mentre nel 1326 il castello fu nuovamente saccheggiato dalle truppe di Roberto d'Angiò capitanate da Beltrando Del Balzo. Nel 1329 avvennero un terremoto e un'eruzione che sconvolsero il territorio e dalla nuova ricostruzione poco più a nord nacque il nucleo della futura Acireale. Nel 1354 e nel 1356 il maresciallo Acciaiuoli inviato da Ludovico d'Angiò tentò di saccheggiare il castello ma mentre il primo tentativo andò a buon fine, nel secondo trovò l'opposizione di Artale I Alagona. Quest'ultimo da Ognina respinse l'attacco e la battaglia, che si svolse nel tratto costiero tra Ognina e Acicastello e finì con la vittoria di Artale, fu chiamata Scacco di Ognina. Artale II Alagona insorse contro il re Martino il Giovane e si arroccò nel castello. Iniziò così un lungo assedio che il re risolse a suo favore nel 1396 guastando l'impianto di approvvigionamento idrico del castello e approfittando della momentanea assenza di Artale. Due anni dopo, nel 1398, il re Martino fece dichiarare dal Parlamento generale di Siracusa che le terre acesi dovevano restare in perpetuo nel regio demanio. L'anno successivo venne dato un privilegio di esenzione dalla dogana al territorio. Dal 1402 fino alla sua morte il re Martino utilizzò il castello come propria dimora insieme alla seconda moglie Bianca di Navarra. Nel 1421 il viceré Ferdinando Velasquez acquistò il territorio del castello e del vicino Bosco d'Aci ma ciò causò il malcontento della popolazione che fu sedato con l'organizzazione su ordine del re aragonese Alfonso il Magnanimo di un fiera senza dazi, la Fiera Franca, da cui prende nome un tratto dall'adiacente SS 114. Ferdinando Velasquez morì nel 1434 e la proprietà passò, in ordine cronologico, all'infante di Spagna don Pietro e subito al re Alfonso nel 1437, ai Platamone, ai Moncada e ai Requisens nel periodo dal 1439 al 1468, anno in cui fu acquistato dai baroni di Mastrantonio. Il 28 agosto del 1528 gli abitanti offrirono all'imperatore Carlo V 200000 fiorini per rientrare nel Regio demanio e liberarsi così dal potere feudale baronale. Due anni dopo, il 5 luglio 1530, l'imperatore accettò l'offerta e concesse il mero et misto impero comprendente anche la Fiera Franca. A partire dalla metà del XVI sec. l'Università di Aci uscì di scena, i casali e Acireale restarono indipendenti e il castello fu utilizzato prima come caserma e poi come carcere. Nel 1647 Filippo di Spagna lo cedette al Duca Giovanni Andrea Massa e sotto la sua proprietà subì i danni del terremoto del 1693. Nel XIX sec. sotto il regno borbonico ritornò, stavolta definitivamente, nel demanio comunale e in questo periodo Giovanni Verga vi ambientò la novella Le storie del castello di Trezza. Negli anni '60 del XX secolo venne restaurato e dal 1985 è regolarmente visitabile ed è sede di un museo civico diviso in tre aree, mineralogia, paleontologia e archeologia, con in progetto una quarta che sarà dedicata ad un acquario. La struttura architettonica attuale è prevalentemente di pietra lavica e al centro di essa è posto il donjon, torre quadrangolare elemento cardine del maniero. Per il resto esso è costituito dall'accesso che conserva un piccolo resto del ponte levatoio vecchio, da un cortile dove si trova un piccolo orto botanico, dalla già già citata cappella di origine bizantina e da una terrazza panoramica sul golfo antistante. Nel 2012 la cappella è stata intitolata a Jean Calogero, pittore castellese.

     



Oggi il paese è meta estiva di villeggiatura e balneazione e sede di punti di ritrovo come pub, stabilimenti balneari e trattorie. Il porticciolo è sito sotto la piazza Castello, nella quale hanno sede il comune e la chiesa principale, ed è composto da 60 posti barca, da un molo di 110 m, da un molo più piccolo e ha fondali di 1,5 m. Il paese è collegato con Catania e con le altre frazioni tramite la già citata Strada Statale 114 ed esclusivamente con Catania tramite una strada litoranea, anch'essa sede di stabilimenti balneari e ristoranti, che assunse l'aspetto attuale solo negli anni '70 quando fu prolungata fino al comune di Acicastello. Fino ad allora terminava di fronte all'attuale hotel Baia Verde e si proseguiva per una strada a sinistra, tuttora esistente.  






Acitrezza, detta a Trizza in dialetto, è un incantevole borgo marinaro poco più a nord di Acicastello e fa parte, come già accennato, del comune di quest'ultimo. Esso nacque come scalo marittimo alla fine del XVII sec. ad opera di Stefano Riggio, proprietario dal 1651 dei comuni di Aci S.Antonio, Aci S.Filippo e Valverde, e divenne un vero e proprio centro commerciale con magazzini contenenti olio, salumi e formaggio. Nel 1678 la gestione di esso passò al figlio Luigi, poi nel 1860 a Stefano Riggio Saladino e dal 1704 al 1757 a Luigi Riggio Brancifiorte. Quest'ultimo però risiedette in Spagna ricoprendo anche cariche altissime alle dipendenze di Re Filippo V e quindi dovette lasciare l'amministrazione del feudo allo zio Gioacchino Riggio. Infine gli ultimi due amministratori furono Stefano Riggio di Gravina fino al 1790 e Giuseppe Riggio Grugno fino al 1792. Dopo l'abolizione del feudalesimo in Sicilia avvenuta nel 1812 il borgo fu separato, insieme a Ficarazzi, da Aci S.Antonio e accorpato, sempre insieme a Ficarazzi, al comune di Acicastello il 15 settembre del 1828. Il borgo è attualmente diviso da Acicastello da una grande roccia lavica la quale, dal 2 novembre 2014, è percorribile solo a piedi per via di un varco aperto all'interno dello stabilimento balneare Lido dei Ciclopi. Come Acicastello anch'esso è meta di villeggiatura e balneazione estiva con in più diverse trattorie caratteristiche dove il menù è prevalentemente a base di pesce, prodotto tipico del luogo data anche la presenza di un ampio porticciolo che comprende anche impianti di rifornimento per carburante ed acqua, cantieri navali e gru di alaggio. All'interno di esso è presente anche il monumento alla barca Provvidenza del romanzo di Giovanni Verga I Malavoglia ambientato proprio in questo borgo marinaro. Oltre al romanzo è ambientato anche il film ad esso ispirato La terra trema di Luchino Visconti. Vicino la Chiesa di S. Giovanni Battista, patrono del luogo, vi è la Casa del Nespolo, abitazione di Padron 'Ntoni, all'interno della quale sono stati allestiti un museo con oggetti della tradizione marinara e una raccolta fotografica con scene del film di Visconti. Nella parte nord del borgo è presente inoltre un grande mercato ittico, a testimonianza del grande legame di esso con l'attività della pesca.


  




Nel panorama marino dirimpetto al borgo spiccano i Faraglioni dei Ciclopi (detti che anche Isole Ciclopi), sei scogli basaltici, Faraglione Grande, Faraglione Piccolo e altri quattro scogli disposti ad arco, che secondo la leggenda furono gettati da Polifemo ad Ulisse durante la sua fuga. Tra di essi si trova l'isola Lachea, chiamata da Omero Isola delle Capre nel libro IX dell'Odissea, che ha una forma quasi ellittica, è alta 35 m, è lunga 250 m ed è larga 150 m. Essa, oltre che in Omero, viene citata anche da Ovidio, Plinio, Euripide e Virgilio. La formazione di essa e dei faraglioni è avvenuta tramite l'intrusione del magma nelle rocce preesistenti dei fondali marini e che è successivamente eroso dall'azione delle onde. La roccia basaltica dell'isola è coperta da uno strato di argilla biancastra il quale, a contatto con la lava, ha dato origine ad un minerale raro come l'analcime. Nel 1869 fu ritrovata un'ascia in diorite di di epoca preistorica e nel 1919 furono rinvenute due tombe a grotticella. Successivamente furono ritrovate anche oggetti di epoca tardo romana come pentole, anfore, pesi da telaio, aghi di un osso, frammenti di un pettine osseo e una piccola lucerna. Nel punto più alto dell'isola si trovano il museo, una cisterna e la Grotta del Monaco abitata da un santo uomo nato in Aquitania e vissuto li tra il 974 e il 1044. La flora prolifera di piante tipicamente sicule come l'eliotropio e la carlina raggio d'oro. La fauna è ricchissima in quanto annovera due tipi di ragno, la Zelates messinai e l'Urozelotes mysticus, un tipo di lucertola della sottospecie Podarcis sicula ciclopica, avvistata solo sull'isola, ed infine gli uccelli come la ballerina gialla, la passera sarda, la gazza, il fanello, la sterpazzola, la tottavilla, l'occhiocotto, il cormorano, il gabbiano reale, il falco di palude ed il falco pellegrino. All'interno dell'isola ha sede una stazione per gli studi biologici dell'Università degli studi di Catania e dal 1998, insieme alle Isole Ciclopi, fa parte della Riserva naturale integrale Isola Lachea e Faraglioni dei Ciclopi istituita dalla Regione Siciliana e gestita da Cutgana (Centro interfacoltà dell'Università di Catania).











 

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