Alle pendici nord-occidentali dell'Etna si trova un paesino anch'esso molto frequentato nei mesi estivi per il suo clima salubre, Nicolosi. Esso è un comune di 7.415 abitanti appartenente alla città metropolitana di Catania, è distante circa 13 km dal capoluogo etneo e si estende da quota 670 fino al Cratere Centrale sito a 3.300 metri sul livello del mare. Per la sua posizione strategica tra mare e vulcano viene chiamato Porta dell'Etna. Nel suo libro Viaggio in Italia Johann Wolfgang Goethe menziona con molta ammirazione il luogo.
L'origine del toponimo coincide, con ogni probabilità, con il monastero benedettino di S. Nicolò all'Arena costruito li nel 1359. Esso fu edificato nel punto in cui dal XII sec. era già esistente un ospizio per monaci infermi il quale, nel 1341 esattamente, ospitò la regina Eleonora d'Angiò. Quest'ultima morì li 9 agosto dello stesso anno. Nel periodo della dominazione normanna (1061-1091) il territorio su cui sarebbe successivamente sorto il paese era prevalentemente occupato dai boschi. Ruggero I, dopo aver tolto agli Arabi in Sicilia, divise il territorio in feudi che furono affidati sia ai soldati che avevano contribuito alla sua impresa che alla Chiesa e all'Ordine dei Benedettini. Questo portò naturalmente ad un controllo, da parte sua e dei suoi successori, dell'economia di tutta l'isola e ad uno sfruttamento agricolo del territorio. Nel 1092 la città di Catania e i territori circostanti furono affidati all'abate bretone Angerio da S.Eufemia ed il territorio di Nicolosi fu posto sotto la baronia di un certo Letho. Le pendici dell'Etna si popolarono così di tanti monasteri come quelli di S.Maria la Scala, S.Maria di Novaluce, S.Leone di Pannacchio e S.Maria di Licodia. Il primo ad essere costruito fu quello di .Leone nel 1136 per volontà di Enrico del Vasto, conte di Policastro e principe di Paternò, il quale sposò la figlia di Ruggero I Flandina d'Altavilla. Quest'ultima gli portò in dote il feudo di Paternò. Nel 1156 il figlio di Enrico Simone di Policastro stabilì che il territorio affidato alla baronia di Letho passasse sotto il controllo del monastero di S.Leone. Nel 1205 esso venne unito a quello di S.Maria di Licodia nel frattempo divenuto sede abbaziale. Il 25 luglio 1359 il vescovo di Catania Marziale, con un documento detto Privilegio di Marziale, stabilì ciò che era volontà di Federico II d'Aragona, ovvero che nella sede dell'Hospitalem di S.Nicolò si costruisse un vero e proprio monastero. Le famiglie di contadini e pastori insediate attorno all'ospizio non costituivano un vero e proprio casale. Il suo diventare gradualmente prospero, oltre che sede abbaziale, resero necessaria un concentrazione stabile di personale. Così le prime case nacquero attorno al monastero ed il nuovo borgo si divise in tre quartieri: a nord Piano, al centro la Chiesa e a sud la Guardia. Nel frattempo avvenivano visite illustri come quella della regina Eleonora, moglie di Federico II d'Aragona, e quella della regina Bianca di Navarra la quale, durante l'eruzione dell'Etna del 1408, tenne la popolazione unita. Nel 1447 il borgo venne infeudato dal principe di Paternò che lo amministrò tramite i suoi procuratori residenti a Malpasso, odierna Belpasso. Poco dopo gli abitanti ottennero un'amministrazione propria pur restando dipendenti da Malapasso per affari di giustizia. Nel marzo 1536 avvenne una violenta eruzione vulcanica che, oltre a distruggere Nicolosi e Mompileri, seppellì definitivamente il monastero di S.Leone e di esso oggi rimane solo il nome che viene dato alla contrada, Terre di Santu Liu. Anche il monastero di S.Nicolò fu danneggiato in quanto la lava toccò la cisterna a quattro bocche molto utile nei periodi di siccità. I monaci, per ricordare l'evento, affissero una lapide con scritto Ai di 20 marzo exit lo foco di la Muntagna. L'11 maggio 1537 avvenne un'altra eruzione che insieme alla precedente, al terremoto del 1542 e ai continui attacchi dei briganti spinse i monaci ad abbandonare il monastero. Nel 1558 ottennero dai loro superiori di Montecassino il permesso di costruirne uno a Catania e quello di Nicolosi fu definitivamente abbandonato.
Nel 1601 il borgo ottenne la dignità sacramentale e l'autonomia spirituale da Mompileri. Nello stesso periodo gli abitanti ricostruirono l'abitato in una zona più bassa dove fu costruita anche la prima chiesa madre, dedicata all'Immacolata, poi anch'essa sepolta dall'eruzione del 1669 ed oggi sita sotto gli edifici all'incrocio tra via Martiri d'Ungheria e via Catania. L'eruzione ebbe inizio l'8 marzo con terremoti via via sempre più forti. Gli abitanti rimasero all'aperto nella zona Falliche, sita nella parte ovest del paese. Il 13 marzo veniva distrutta Mompileri e raggiunta Mascalucia e l'11 luglio 1669 essa terminò con il paese totalmente distrutto e la formazione della Grotta delle Palombe, scoperta dal geologo Mario Gemmellaro nel 1823. Il paese fu ricostruito nel decennio tra il 1670 e il 1680 sul sito originario grazie all'iniziativa del principe di Campofranco, vicario del re spagnolo, e anche in virtù del rifiuto della popolazione locale a trasferirsi nel neonato centro di Fenicia Moncada con gli abitanti di Malpasso. Fu sistemata, con licenza del vescovo Bonadies, la Chiesetta della Madonna delle Grazie e in questo stesso luogo, il 18 agosto 1671, furono portati i Sacramenti della chiesa matrice sotto il titolo dello Spirito Santo. Nel 1676 venne accordata l'autonomia amministrativa a Nicolosi e nel 1681 si costituì in comunità autonoma con 844 abitanti. Ai primi del '700 risale la costruzione della Chiesa della Madonna delle Grazie, di quella della Madonna del Carmelo e di quella di S.Giuseppe.
Il 26 aprile del 1766 avvenne una nuova eruzione che formò l'apparato eruttivo dei Monti Calcarazzi e provocò danni ai boschi. Una volta scampato il pericolo gli abitanti eressero i Tre altarelli e sotto le tre arcate furono dipinte le immagini della Madonna delle Grazie, di S.Antonio di Padova e di S.Antonio Abate protettori del paese. Nell'800 vennero edificate le chiese di S.Francesco di Paola e la cappella dei ss. Cosma e Damiano oltre ad un collegio femminile. Nel 1812 il Regno di Napoli dichiarò decaduto il regime feudale a Nicolosi e il geologo Mario Gemmellaro iniziò una serie di opere pubbliche dando vita, nel 1821, alle scuole lancasteriane. Ma la costruzione che più di tutte si identifica con questo straordinario geologo è la Casa degli Inglesi, detta anche Casa Gemmellaro, a 2400 m di quota sull'Etna ed importante per le osservazione sistematiche del vulcano.
Negli anni '30 del XIX sec. don Alvaro Paternò Castello principe di Manganelli ed Intendente della Val di Catania progettò la via Etnea, al di fuori del percorso urbano catanese, in cinque diversi tratti: il primo dal quartiere catanese di Barriera del Bosco a Gravina di Catania, il secondo da Gravina a Mascalucia, il terzo da Mascalucia a S.Rocco, il quarto da S.Rocco a Massannunziata ed il quinto da Massannunziata a Nicolosi. La speranza del principe, presto delusa, era quella di prolungare la via fino all'Etna, precisamente alla Grotta del Monte Colombano, per rendere accessibile il nostro Etna agl'illustri forestieri.
Una lapide commemorativa oggi affissa sui due obelischi posti all'inizio del tratto di via Etnea che collega il quartiere Barriera del Bosco a Gravina ricorda i lavori di realizzazione nel 1835. Un'altra lapide doveva essere posta su un monumento piramidale che avrebbe dovuto segnare la fine della strada all'ingresso di Nicolosi presso il cimitero, ma a causa di problemi strutturali, furti e mancanza di fondi essa oggi è solo un cumulo di pietra con la lapide illegibile per l'incuria. Come ci riferisce J. J. E. Reclus in La Sicilia e l'eruzione dell'Etna nel 1865 il 17 marzo 1861 il comune contava due alberghi. Nel 1866 avvenne una nuova colata lavica, ma lava si fermò a 100 m dalle prima costruzioni. L'anno dopo fu restaurata la chiesa madre e, come ringraziamento, venne costruita la cappella di S.Agata che ricorda il luogo in cui il cardinale Dusmet il 24 maggio aveva portato in processione il velo di S.Agata, esortandola a salvare il paese. Nel anni '30 del '900, in pieno periodo fascista, fu inaugurata la via Ferdinandea e negli anni '50 arrivò ufficialmente in paese l'erogazione dell'acqua potabile.
Nel dopoguerra anche il comune di Nicolosi è stato interessato da un forte incremento edilizio, con la sostituzione di vecchie costruzioni con delle nuove e l'edificazione di nuovi fabbricati nei luoghi fino ad allora occupati dalla campagna. Durante l'eruzione dell'Etna del 1983, che riscosse una grande risonanza mediatica, la zona nord del paese a quota 1910 me sul vulcano venne danneggiata dalle colate che distrussero la Funivia dell'Etna, ristoranti, altre attività e diversi tratti della SP 92. La lava arrivò a 1100 m tra Monte San Lio e Monte Rinazzi e i metri cubi complessivi di materiale vulcanico furono 100 milioni. Il legame tra la lava ed il paese è suggellato dallo stemma di quest'ultimo che comprende ramoscelli di ginestra, il primo fiore della lava e una scritta Subridens ocellus civitas fervido montis igne facta che significa cittadina resa dal fervido fuoco del monte una gemma splendente.
Nicolosi è sede del Parco dell'Etna. Esso venne istituito nel 1987 come area naturale protetta. Se né cominciò a discutere negli anni '60 del '900 per tutelare la natura dall'invasione del turismo di massa e si arrivò all'approvazione di tre parchi in Sicilia, tra cui quello dell'Etna, con decreto legge 98 del maggio 1981. Il parco fu così aperto al pubblico nel marzo 1987 con lo scopo di tutelare il patrimonio boschivo e le specie faunistiche e floreali e regolamentare e coordinare le attività turistiche per dare fruibilità ai luoghi. Per quanto riguarda la flora a 2400 m si incontrano la saponara, l'astragalo siciliano, il tanaceto, il cerastio, il senacio, la camomilla dell'Etna, il caglio dell'Etna e la romice. A 2000 si incontrano il pino loricato, la Betula aetenensis, il faggio, il castagno, l'ulivo e la ginestra dell'Etna, particolare per il suo colore giallo che, abbinandosi con il nero della sede lavica, produce un suggestivo effetto cromatico. Nella zona collinare delle falde si incontrano i vigneti di Nerello dove si produce l'Etna vino DOC. Infine nel versante nord-occidentale, tra i 600 e gli 850 m di altitudine, proliferano i pistacchi e le fragole, rispettivamente di Bronte e Maletto. Si producono anche pere e pesche, tra cui la tabacchiera dell'Etna. Il microclima a contatto con la costa jonica e la ricchezza dei suoli hanno permesso la sviluppo di una ricchissima varietà di prodotti agricoli comprendente la Ciliegia rossa dell'Etna (zona Milo, S.Alfio, Mascali e Giarre) e le noci e noccioline d'alta quota (zona S.Alfio, Milo e Piedimonte Etneo). La fauna, fino al XIX sec., proliferava di lupi, cinghiali, daini e caprioli, ma l'apertura di nuove strade e il disboscamento selvaggio né hanno provocato l'estinzione. Tuttora si possono trovare l'istrice, la volpe, il gatto selvatico, la martora, il coniglio, la lepre, la donnola, il riccio, il topo, il ghiro, il quercino e diverse specie di topo, pipistrello e serpente. I tre luoghi d'interesse geologico sono la Grotta del Gelo, con all'interno ghiacci perenni e temperatura non più alta di 6 gradi sotto lo zero, la Grotta dei tre livelli, la più lunga sull'Etna, e la Valle del Bove, che costituisce con i suoi dicchi quanto rimasto dell'estinto vulcano Trifoglietto.
I Monti Rossi sorgono su due coni piroclastici formatisi a nord di Nicolosi. La loro formazione risale all'eruzione del 1669 a seguito si un'impalcatura costruita sulla fenditura dei coni gemelli fino ad allora chiamati Monti della Ruina. L'eruzione distrusse anche parte della città di Catania fino alle mura, circondando il Castello Ursino e creando della nuova terraferma per parecchi chilometri a sud-ovest della città. Tutto questo causò la scomparsa del Lago di Nicito e il seppellimento di buona parte del fiume Amenano. L'origine del nome è tuttora discussa. Secondo alcuni esso deriverebbe da un'errata traduzione dal dialetto siciliano che traduce Munti Rossi come Monti Grossi anziché Munti Russi che significherebbe Monti Rossi. La presenza di pirosseni rende rosse le rocce. Secondo l'altra versione il nome deriverebbe dalla traduzione dal dialetto catanese Munti Russi, significante sempre Monti Rossi, in quanto le due montagne nascenti apparivano rosse durante la notte a causa della lava incandescente. A conferma di ciò contribuiscono alcuni racconti dell'epoca riportanti la frase la terra tremau e du minni di foco spuntanu (la terra ha tremato e due montagne di fuoco sono spuntato), con l'espressione minni di foco significante seni di fuoco, per la forma simile ad un seno femminile. Nell'area dei Monti Rossi sorge una vasta Pineta all'interno della quale sono presenti, da qualche anno, un Parco Avventura, un chiosco di bevande e alimenti detto Ai Pini, tavoli per picnic e gite e sentieri curati dalla Guardia Forestale, sedi di passeggiate ed escursioni ed attività di Orienteering con mappe messe a disposizione della Federazione Italiana Sport e Orientamento.
La stazione turistica di Rifugio Sapienza è situata a 1910 m, fu costruita in epoca fascista, è gestita dal CAI Club Alpino Italiano è fornita di servizi turistici e alberghieri ed è sede anche della Funivia dell'Etna, infrastruttura utile per raggiungere le zone più alte del vulcano. Essa parte dal piazzale Cantoniera e raggiunge la Montagnola a 2495 m e successivamente arriva a 3000 m di altezza dove sono presenti i crateri sommitali, nella zona detta Torre del filosofo. Di grande importanza sono i Monti Silvestri, crateri inattivi formatisi a seguito dell'eruzione del 1892, dei quali la parte inferiore si trova lungo la Strada Provinciale 92, che collega Nicolosi al Rifugio.
Vous n'avez pas encore trouvés la grotte qui abrite le grand empereur Frédéric II ?
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