martedì 9 agosto 2016
La Vara nel giorno della festa in onore della Madonna Assunta a Messina
La Vara è un grosso carro votivo dedicato alla Madonna Assunta e che viene portato in processione il 15 agosto di ogni a Messina. Il termine vara è la traslitterazione del termine bara dove giaceva il corpo della Dormitio Virginis (Madonna Dormiente). Essa è alta poco meno di 15 cm, è pesante circa 8 tonnellate e viene portata in processione da centinaia di fedeli tramite le gomene, corde lunghe poco più di 100 m tirate da due gruppi di persone che fanno capo a dei rispettivi capi-corda i quali, fino a qualche anno fa, indossavano delle magliette di colore blu e marrone, mentre adesso sono interamente di colore blu in onore della Madonna. L'origine di questa festa va ricercata in epoca preistorica alla quale risale un culto d'adorazione della Dea madre, origine della vita. Successivamente, in epoca poco precedente alla nascita di Cristo, nella città greca Zancle, antico nome di Messina, era presente un altro culto rivolto alla regine delle messi Demetra. Così in città nacque la devozione a Maria Madre di Dio e la tradizione dell'invio della Sacra Lettera di protezione costituisce di fatto il riferimento primigenio della fede dei messinesi alla Vergine. Ma la nascita vera e propria della festa con il culto della Vara avvenne nel 1535, anno in cui, con la riunione indetta dal Senato il 19 settembre, si stabilì di darsi compimento alla machina della Vara. Il 21 ottobre, in occasione dell'arrivo di Carlo V in città dopo le sue vittorie a Tunisi e a La Goletta contro Ariademo Barbarossa, essa fu messa definitivamente in funzione come carro trionfale ed in seguito trasformata in Machina devozionale raffigurante l'Assunzione della Vergine in Cielo. Francesco Maurolico, erudito scienziato e umanista messinese nel suo Sicanicarum Rerum Compendium del 1562 e Nicolò Iacopo D'Alibrando nella sua opera Il triompho il qual fece Messina nella Intrata del Imperator Carlo V del 1535 sono autori delle più antiche testimonianze al riguardo.
La composizione della Vara parte dalla piattaforma del cippo, sulla quale è rappresentata la Dormitio Virginis contornata da dodici apostoli, secondo la disposizione canonica della pittura bizantina, la Koimesis tou theothokou. Poco più sopra sono raffigurati i Sette Cieli, corrispondenti al Paradiso, che l'Anima della Madonna attraversa durante la sua ascensione, fedelmente alla concezione tolemaica dell'Universo (la Terra al centro e il Sole, la Luna e i pianeti ruotanti attorno ad essa), gli angioletti girano sorretti nei rispettivi raggi. Ancora più su si trova il globo terracqueo con le stelle fisse che sostiene altri angioletti i quali simboleggiano le Virtù Cardinali. Infine, nel punto più alto, la figura di Cristo che con la mano destra porge l'Alma Maria (l'Anima della Vergine) all'Empireo, dove avviene la diretta visione di Dio. In questa struttura sono evidenti anche l'influenza della Divina Commedia di Dante e l'intervento di Francesco Maurolico. Il progettista di essa dovrebbe essere stato Polidoro Caldara da Caravaggio il quale curò anche la costruzione degli archi trionfali eretti in occasione dell'arrivo di Carlo V a Messina. Fino al 1565 essa era munita di ruote che, a partire da quell'anno, furono sostituite da due pattini in legno, successivamente diventati d'acciaio per consentirne il trascinamento sul selciato bagnato. Nell'ambito del suo trascinamento durante il tragitto le figure assumono nomi tipici della cultura marinara, capicorda, vogatori, timonieri, macchinisti e comandante che liberano una forte energia al grido di Viva Maria, un tempo Viva la Madonna Santissima. A tal proposito L'Illustrazione popolare, nel 1888, annotava Quell'urlo selvaggio, clamorosissimo di tante migliaia di bocche fa venire la pelle d'oca, fa levare il cappello alle anime pie, fa scorgare una lacrima. Sempre di derivazione marinara è il verbo barare il quale è comunemente riferito allo spostarsi della nave quando scivola in acqua. Allo stesso modo la Vara scivola sull'asfalto bagnato. Nel corso degli anni a partire dalla sua nascita la cerimonia ha visto le visite di personaggi importanti e ha subito anche delle modifiche all'interno della sua organizzazione. Nel 1547 fu apprezza dalla viceregina baronessa di Mirto e nel 1571 da Don Giovanni d'Austria, al suo ritorno dall'impresa di Lepanto del 7 ottobre di quell'anno. All'epoca essa si montava e si allestiva in una piazzetta antistante la chiesa di S. Luca nei pressi della piazza S.Maria La Porta, attuale largo Sequenza. Nel 1591 Giuseppe Carnevale dottore in legge la definì Maravigliosa festività per l'altezza e grandezza sua e anco per l'ammirabile arteficio e magistero si tiene che sia, la più bella, e pomposa cosa del mondo. Nel '60 essa era alta 54 palmi (11,80 m) e animata da circa 150 personaggi. Placido Samperi nel 1644 né diede una descrizione sottolineando il dialogo tra Cristo e l'Anima della Madre in dialetto, successivamente scomparso: Si fa fermare di tanto in tanto, al suon di Pifferi e di Trombe, innanzi a Palazzi de Signori per dove passa, e né luoghi, dove le strade principali s'attraversano, e nel fermarsi colui, che su la cima rappresenta il Christo, con voce alta la cotal guisa all'Anima della Madre ragiona...
Il 14 agosto del 1681 in via Uccellatore (attuale Corso Cavour) in prossimità della chiesa dell'Annunziata (odierna chiesa di S. Antonio Abate) si verificò un incidente a causa della rottura della parte terminale della Vara. Sei personaggi, tra cui bambini che impersonavano gli angioletti, caddero senza però rischiare la vita. Nel 1695 la Vara fu ammirata dal Viceré Duca d'Osseda e nel 1698 dal Viceré Pietro Emanuele Colon Duca di Veraguos. Nel 1701 toccò al Viceré Don Giovanni Emanuele Fernandez Pacheco, marchese di Villena e Duca di Ascalona, assistere affacciato dalla finestra del convento della chiesa della SS. Annunziata dei Padri Teatini. Dal 1720 si è cambiato il giorno di festeggiamento, che dal 14 è divenuto il 15 agosto. Tra la fine del '700 e l'inizio dell'800 molti altri viaggiatori stranieri visitarono la processione, mentre a partire dal 1866 furono definitivamente tolte le figure umane nella rappresentazione dei personaggi e si adottarono le statue di legno e cartapesta al loro posto nella rappresentazione. Subito dopo il terremoto del 1908 la festa fu sospesa, soprattutto negli anni della Prima Guerra Mondiale, e ripresa nel 1929. Oltre all'usanza dei bambini che impersonavano gli angioletti, vennero meno anche le usanze di Cristo e della Vergine impersonati rispettivamente da un uomo e da un giovane ragazza scelta per sorteggio, sostituite anch'esse, come affermò il pittore Jean Laurent Houel nella sua opera Viaggio pittoresco nell'isola di Sicilia del 1784, da due statue di legno, del dialogo in dialetto tra i due e della questua della Vergine vestita del costume indossato sulla Vara e con l'aureola in testa nei giorni successivi alla processione.
I preparativi della festa hanno inizio l'1 agosto in piazza Castronovo. Qui viene trasportato il cippo e fino al 13 agosto, giorno dopo giorno, si montano i vari pezzi. Il culmine della preparazione avviene nella notte tra il 14 ed il 15 agosto e si conclude nel primo pomeriggio con la collocazione, la legatura e la stesura della gomena in canapa in due tratti di 100 m. Questi ultimi, una volta realizzati i cappi iniziali dove prenderanno posto i capi-corda, vengono utilizzati da oltre mille tiratori in costume bianco e fascia azzurra ai fianchi per far scivolare sull'asfalto bagnato da autopompe la Vara. La sera del 14 viene celebrata la Messa davanti alla Vara dal cappellano con l'offerta dei fiori da parte dei devoti sulla bara di vetro della Madonna. Il 15 agosto, giorno dell'Assunzione della Vergine, tra le ore 18,30 e le ore 19 in piazza Castronovo avviene lo sparo dei mortaretti e il comandante della Vara da il segnale di partenza ai tiratori che iniziano il traino al grido di Viva Maria, guidati da timonieri e vogatori che, facendo forza e leva sulle stanghe di legno, imprimono la giusta traiettoria, impedendo così spostamenti laterali che metterebbero in difficoltà il proseguo del tragitto. Dietro il cippo stanno il sindaco e le autorità civili e religiose. Il percorso continua lungo la via Garibaldi tra due grandi ali di fedeli che ogni anno aumentano a dismisura e i tiratori si aggrappano alle corde e tirano la Vara invocando A Mattri Assunta per voto, devozione o per chiedere la guarigione di un parente ammalato. Una volta giunta dinnanzi al palazzo della Prefettura, all'incrocio con il viale Boccetta, davanti alla Stele della Madonnina ed in piazza Unione Europea, vengono eseguiti i fuochi pirotecnici. Al momento della girata all'incrocio tra la via Garibaldi e la via I Settembre per arrivare in piazza Duomo le corde vengono allungate oltre l'incrocio e, una per volta, vengono sollevate e portate sulla via I Settembre. Quando è tutto pronto il capo-vara da il segnale di via arriva questo momento molto impegnativo per i timonieri, in quanto devono anche correggere eventuali errori di traiettoria. Questo momento è molto importante in quanto, a seconda della riuscita della manovra, i messinesi traggono auspici per tutto l'anno a seguire. Giuseppe Pitrè, nel suo volume Feste patronali in Sicilia, né sottolineò anch'egli l'importanza affermando che La Bara va veduta mentre è in movimento: ferma non è più che una pallida ombra di se stessa. Una volta avvenuti gli applausi e le grida di Viva Maria si riprende il cammino verso la Cattedrale, dove la Vara arriva tra il tripudio della piazza piena di fedeli e si ferma di fronte alla porta principale del Duomo. Dopo l'Omelia dell'Arcivescovo, il quale a conclusione impartisce la Santa Benedizione, i fedeli lentamente lasciano la piazza per entrare in Cattedrale ed assistere ai fuochi pirotecnici eseguiti da tre diverse ditte che illuminano di spettacolari e policromi bagliori le belle acque del mare sotto la Madonnina benedicente del porto. Da una quindicina d'anni a questa parte è tornata in vigore un'antica tradizione risalente al XVII sec., ovvero la sfilata di un cero da 16 libbre. Dal periodo appena indicato fino al 1908, anno del terremoto, i ceri erano 12 e venivano offerti dal Clero e dalle associazioni degli artigiani.
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