Giuliano Spina nato a Catania il 18/03/1989 laureato in Lettere moderne

domenica 18 settembre 2016

Analisi di antichi documenti in dialetto siculo


Nello studio di diversi testi sia poetici che prosastici siciliani, come canzuni d'amuri e altre varie leggende popolari, si notano diversi termini molto importanti per quanto riguarda l'evoluzione del dialetto siculo. Nelle cosiddette canzuni d'amuri si notano l'aggettivo brunetta tipico delle province nord-orientali dell'isola ed il passaggio, nel sistema dei pronomi allocutivi, dal voi al tu quando ci si rivolge all'amata. Nelle poesie appartenenti alla letteratura popolare, tra cui la leggenda della baronessa di Carini, in provincia di Palermo, e la bella Agatina, si trova granfa, che corrisponde al più moderno sfurtunata, poi diventato, nella zona orientale dell'isola, sfuttunata, in virtù del rafforzamento con la t al posto della r. La stessa sorte è toccata ad un termine come scurdari, al verbo alla forma imperfetta spirdiu, che significa è finito. Da notare anche sunnu, termine antico per indicare io sono, e citati, residuo del genitivo latino civitatis. Dal XV secolo in poi sono molto importanti le opere di quattro grandi poeti siciliani, ovvero Caio Caloria Ponzio, Antonio Veneziano, Giovanni Meli e Domenico Tempio. Il primo ha scritto un'ottava intitolata Osservazioni sul dialetto veneziano nella quale, anche in virtù del fatto che egli visse a Padova e a Venezia, mescola forme toscane, come nello parlare e parlar so, veneziane, come portao, donao e diftongi, e siciliane, come ti piacirà e l'altri paroli. Il secondo, monrealese, ci lasciò un'ottava di proverbi in cui si nota un pri con significato di per ed un cangia (con g al posto di c). Domenico Tempio, detto Miciu Tempiu in catanese, poeta etneo conosciuto per poesie di contenuto licenzioso, in La fattucchiera ci mostra celibri in antico siciliano, cunfirenza al sesto verso e cunfidenza all'ottavo verso e lofrii, poi diventato lofii, con significato di cattivi. Infine Giovanni Meli, il quale, nei suoi quattro componimenti più importanti ci mostra i motivi preferiti della musa siciliana, ovvero amuri, gilusia, spartenza e sdegnu. In essi notiamo ss'ucchiuzzi corrispondente a questi occhietti, strappanu tipico della zona occidentale dell'isola, dardi Cupidu per la freccia di Cupido, vidirili come forma di siciliano antico contrapposta al moderno virilli, tanticchia forma sicula occidentale che nella zona orientale diventa tannicchia, così come puru che nella zona orientale diventa macari (significato in italiano anche) e doppu con raddoppiamento della p. Tra le fiabe ed i racconti si notano Lu re e li carzarati, Lu Diotru e Cola pisci. Nella prima, composta a Palermo, si notano iju uguale sia per il siciliano occidentale che per quello orientale e la locuzione a la me casa con l'articolo che precede il pronome possessivo, a differenza del vernacolo orientale, il quale omette del tutto l'articolo. Nella seconda opera il nome dell'elefante simbolo della città di Catania è chiamato Diotru anziché Liotru come nel siciliano moderno a causa di una doppia etimologia confermata da chi afferma che il vero nome dell'elefante fosse Diodoro e non Eliodoro. Infine la nota leggenda di Colapesce, la quale mostra la provenienza del protagonista da Torre Faro, caratteristico borgo marinaro messinese, sotto il nome di farotu, natari con significato di nuotare, lu pedi d'u Sarvaturi con significato sostantivato del Forte di S. Salvatore accanto alla lanterna di Messina e ssa al posto di sta.





  

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